Borg McEnroe, fuoco e ghiaccio: intervista a Shia LaBeouf e Sverrir Gudnason

L’americano sempre arrabbiato e lo svedese che teneva tutto sotto controllo. Due leggende del tennis e dello sport mondiale, ora protagoniste di un film incentrato sulla loro sfida più famosa: la finale di Wimbledon del 1980. Abbiamo incontrato i due attori che gli hanno prestato volto, braccio e racchetta, per capire come si mette in scena una delle discipline più difficili in assoluto da rendere credibili su grande schermo

SHIA LABEOUF

In Borg McEnroe, il film diretto da Janus Metz Pedersen e nelle sale dal 9 novembre che racconta la rivalità, anche caratteriale, tra due leggende dello sport, Shia LaBeouf ha offerto quella che secondo molti è la performance migliore della sua carriera. L’attore, di cui ultimamente si parla spesso soprattutto per gli atteggiamenti esibizionisti e certi attacchi d’ira, interpreta John McEnroe, il leggendario tennista americano che all’inizio degli anni ‘80 rimase numero 1 del mondo per quattro anni di fila. E che, un po’ come lui, era noto per l’approccio anticonformista e generalmente arrogante nei confronti dei media…

Non è la prima volta che ti viene offerta la parte di McEnroe, giusto?
«Avevo già ricevuto un’altra sceneggiatura, che però era soprattutto una satira del personaggio. Non trattava la storia che raccontiamo in questo film con il dovuto rispetto e McEnroe sembrava una specie di clown. Invece quando ho letto il copione di Ronnie Sandahl me ne sono innamorato. Uno dei motivi per cui ho accettato di farlo è stata anche la possibilità di lavorare con Janus. Amo il suo cinema: sul set di Fury io e Jon Bernthal abbiamo guardato Armadillo in religioso silenzio. Quando ho scoperto che voleva girare un film sul tennis mi sono detto: WTF?!».

Cosa ti ha colpito dello script? 
«Leggerlo è stata un’esperienza catartica, perché molte delle cose che John dice, io le ho provate sulla mia pelle. Mi è arrivata dritta al cuore, come una poesia, tanto che la prima volta ho pianto». 

Cosa avete in comune tu e McEnroe? 
«Siamo appassionati, narcisisti e perfezionisti. Lui è stato cresciuto da due genitori che lo spingevano a fare sempre di più: il massimo dei voti, a scuola, non era abbastanza. Ho empatizzato con il fatto che, per lui, non c’era alcun modo di vincere: ecco cosa lo ha reso così competitivo». 

SVERRIR GUDNASON

«Prima di iniziare le riprese ci siamo resi conto che fare un buon film sul tennis, o semplicemente un film, è difficilissimo. In molti ci hanno provato senza riuscirci» ci racconta Sverrir Gudnason al Festival di Toronto, dove Borg McEnroe è stato il film di apertura. Svedese trentanovenne di origini islandesi, alto e robusto, con due occhi indecifrabili sempre seri, l’attore interpreta Björn Borg nella ricostruzione della leggendaria rivalità tra lui e John McEnroe.  E la somiglianza, grazie al look studiato per il film è realmente impressionante.

Perché è così complicato fare buoni film su questo sport secondo te?
«Perché devi inquadrare la palla che fa avanti e indietro, e al contempo filmare entrambi i giocatori: non è mica semplice ricreare una partita. Ci siamo esercitati a lungo, prima studiando solo i movimenti con le racchette e poi entrando in azione sul campo. Io e Shia abbiamo lavorato insieme per settimane: è stata dura, ma se vuoi che qualcosa sembri reale devi applicarti».

Che ruolo ha Borg nella cultura popolare svedese?
«È l’atleta più importante nella storia del Paese ed è famoso anche nel resto del mondo. Questi due uomini erano le rockstar del tennis, la gente non li ha mai dimenticati».

Cosa ti ha colpito della sua storia?
«All’inizio del film lo troviamo in un momento difficile, in cui ha vinto tutto il possibile, anno dopo anno. La gente ha delle aspettative sempre più alte su di lui, ma questo lo porta solo ad avere una paura maggiore di essere sconfitto. La parte più interessante del film è la psicologia di questi personaggi. Volevo restituire un ritratto di Borg che fosse onesto».

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