San Andreas: Brad Peyton, «Girare un disaster movie? Per me significa non dormire per sei mesi»

Il terremoto più devastante che si sia mai verificato, la California che cade letteralmente a pezzi, una coppia che ha un solo scopo: salvare la propria unica figlia.

Quello che Brad Peyton porta in scena è il disaster movie per eccellenza, due ore di pura adrenalina: palazzi in fiamme, strade in pezzi, macchine distrutte, paura, e coraggio. E coraggio ce ne vuole per lanciarsi nell’impresa di dirigere un blockbuster da 100 milioni di dollari e non sentirsi schiacciati del peso dei grandi che si sono già confrontati con il genere. È proprio questa la prima cosa che chiediamo al regista.

Best Movie: Sei preoccupato per il confronto con gli altri film del genere, tra cui il recente 2012 e L’alba del giorno dopo?
Brad Peyton:
«No, non sono affatto preoccupato, anzi in un certo senso è un orgoglio essere paragonato a Roland Emmerich (il regista di 2012 e L’alba del giorno dopo, ndr). Mentre giravo, il mio film di riferimento era Titanic di James Cameron, non mi è mai passato per la mente di essere confrontato direttamente a 2012 ma nel caso accadesse andrà benissimo».

BM: Cosa significa girare un disaster movie, oggi?
BP: «Non dormire per sei mesi e affrontare una nuova sfida ogni giorno. Ci sono un sacco di problemi tecnici da superare: come far schiantare un elicottero, disintegrate un’auto, o come distruggere un palazzo. Oltre a essere un film catastrofico, però, una parte fondamentale della narrazione è la famiglia. Questa è un’opera su un nucleo familiare che cerca a tutti i costi di rimanere unito».

BM: Hai avuto qualche problema particolare sul set? E quale è stata la scena più difficile da girare?
BP: «Direi di no, siamo arrivati sul set preparati, avevamo fatto tantissimi storyboard. La cosa più difficile è che abbiamo realmente costruito un grattacielo – è il set più grande che abbia mai visto – e lo abbiamo dovuto allagare, per poi rimetterlo in piedi e allagarlo di nuovo, e poi ancora e ancora. Abbiamo girato immersi nell’acqua per una settimana. È stata dura, ma sono stato fortunato ad avere una grandissima crew e un grandissimo cast».

BM: Il film porta sullo schermo il più terrificante dei terremoti: il Big One. Gli americani sono preoccupati che possa verificarsi?
BP:«Gli americani in generale non lo sono, ma il fatto che gli studiosi parlino di eventi sismici di tale rilevanza che potrebbero verificarsi relativamente “presto” terrorizza la popolazione che vive in queste zone in California».

BM: Che ci dici di Dwayne “The Rock” Johnson?
BP:«Dwayne è una persona fantastica. È molto competente e professionale, vuole dare sempre il massimo e quando si prepara per una scena sa subito dove mettersi e quello che deve fare. È anche un tipo molto divertente!».

BM: Parlando del tuo prossimo progetto, cosa ci puoi dire di Journey 3, il terzo capitolo dopo Viaggio al centro della Terra e Viaggio nell’isola misteriosa?
BP: «Andremo su un altro pianeta, sulla Luna. È un film per famiglie e sarà molto fantascientifico».

BM: Pensi che sia ancora possibile fare qualcosa di creativo e innovativo a Hollywood?
BP: «Credo che sia possibile, si deve solo essere capaci di giustificare e difendere le proprie scelte. Puoi essere “strano” o avere un interessante punto di vista sul mondo, ma quando ci sono tanti soldi in ballo le persone sono nervose e preoccupate, se fai film a grandi budget devi sapere che la tua creatività sarà quantificata. La cosa importante è far comprendere le tue decisioni, le tue idee e giustificarle. Più soldi ci sono in ballo più devi motivare le tue scelte».

BM: Da spettatore, cosa ti piace vedere al cinema?
BP: «Vado a vedere praticamente tutto, uno dei film che mi è piaciuto di più nell’ultimo periodo è Magic in the Moonlight di Woody Allen, ma sono un grande fan di Peter Jackson, e mi piace davvero tantissimo ogni tipo di sci-fi».

Leggi il nostro reportage dal set di San Andreas su Best Movie di maggio, in edicola dal 29 aprile.

© RIPRODUZIONE RISERVATA