Cannes 2012, Madagascar 3 accende la Croisette di colori e musica pop. La recensione

Tra un Gran Prix per le strade (e i tetti) di Montecarlo, un omaggio all'Italia e spettacolari numeri da circo, il cartoon DreamWorks diverte. Senza sorprese

«’Cause baby, you’re firework. Come on, show’em what you’re worth. Make ‘em go, oh, oh, oh. As you shoot across the sky».
Qualcuno potrebbe chiedersi cosa c’entra il ritornello di “Firework” con Madagascar 3. La risposta è duplice. Non solo la canzone di Katy Perry fa da colonna sonora al film – insieme a molte altre hit pop del momento – ma quello che ci insegna il capitolo numero 3 del franchise DreamWorks, in un certo senso, è proprio racchiuso in quelle parole: riscoprire la passione che c’è in noi e lasciarla esplodere come un fuoco d’artificio.
Chi si aspetta un cartoon sorprendente, probabilmente rimarrà deluso. Perché Madagascar 3 ripropone esattamente la stessa formula dei due precedenti episodi: ironia, divertimento e una buona dose di ritmo.

La storia inizia in Africa con Alex, Marty, Melman e Gloria in attesa del ritorno dei pinguini, volati a Montecarlo. Ma il tempo passa e la voglia di tornare a casa, nella loro New York, cresce (vi diciamo solo che per il compleanno di Alex, gli altri tre gli regalano un modellino della Grande Mela costruito con la sabbia… e non solo). Così il quartetto decide di andare in Europa per recuperare gli amici volatili. Naturalmente la loro irruzione al casinò di Montecarlo non viene gradita, soprattutto dal capitano della polizia Chantel DuBois, che nutre una repulsione per qualsiasi tipo di animale – sulla parete del suo ufficio colleziona il ricordo di ciascuna sua vittima – e si mette sulle loro tracce con la chiara intenzione di ucciderli. Una via di fuga, però, c’è: un circo itinerante che da qualche tempo, a causa di un incidente occorso al leader (la tigre Vitaly), non gode più del favore del pubblico e del successo di un tempo. Ci penserà Alex a stimolare gli artisti del circo, costringendoli a superare le paure e riscoprire il proprio talento. Tutto questo tra mille peripezie, love story sul punto di sbocciare, incomprensioni e numeri altamente spettacolari, complice un ottimo 3D.

Nonostante l’uso della stereoscopia, che spesso penalizza la luminosità, Madagascar 3 brilla e si accende di colori fluorescenti, soprattutto durante le esibizioni del circo che permettono agli artisti di estraniarsi dalla realtà per tuffarsi in un mondo fantastico (persino meglio del loro adorato zoo), in cui anche lo spettatore viene immerso. E in cui a trascinare e far sorridere è sempre l’ironia dei protagonisti, la loro carica di simpatia cui si aggiunge un’affezione preesistente (almeno per chi già conosce l’universo di Madagascar).
L’anello debole della catena è il villain della storia, il capitano DuBois che, dopo l’efficace presentazione iniziale – uno spettacolare inseguimento per le strade, i tetti e i palazzi di Montecarlo ai danni dei nostri eroi, quasi fosse il Gran Premio – viene quasi dimenticata, salvo poi ripresentarsi alla fine in compagnia di altri quattro poliziotti che non brillano certo per astuzia (sono italiani!). A rubarle la scena è l’incontro tra Alex, Marty, Melman e Gloria con il circo (dalla diffidenza iniziale all’alleanza, alla rivoluzione dello spettacolo offerto) e il viaggio che insieme intraprendono in Europa. Di cui buona parte si rivela un bell’omaggio alla nostra Italia – nonostante qualche sfumatura sarcastica legata alla rappresentazione delle nostre forze dell’ordine: sarà colpa delle barzellette? – . Tra le scene più divertenti segnaliamo proprio quella in cui Re Julien e la sua nuova fiamma, l’orsa Sonya, si concedono un tour romantico per i luoghi simbolo della città eterna. E lui, non contento di averle regalato l’anello papale (rubato al Pontefice con un astuto bacio), la fa salire a bordo di una Ducati con la quale sfrecciano per le vie della città.
Madagascar 3 rischiava di annoiare e invece, seppur senza sorprese, intrattiene e diverte. Al ritmo di pop.

Voto: 3/5

 

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