Far East Festival 2012, ecco il meglio dei primi due giorni: Dangerously Excited e Nightfall

Vi raccontiamo una strepitosa commedia sudcoreana e uno spettacolare noir di Hong Kong

Continua il weekend lungo che apre le danze del Far East Festival 2012. La serata di sabato si anima grazie alla presenza di un eccellente noir di Hong Kong, Nightfall, che mette in campo due superstar come Nick Cheung e Simon Yam (visto in mattinata anche nei panni del serial killer “con martello” in The Man Behind the Courtyard House).
Il film è un noir con sfumature melò che racconta la storia di Eugene, galeotto muto e sfregiato che esce di galera dopo 17 anni, scontati per l’omicidio della figlia di un famoso direttore d’orchestra. Ma come lui mette piede fuor di prigione, il musicista viene trovato cadavere ai piedi di una scogliera. Su tutta la faccenda indaga l’ispettore George Lam, convinto – ma non del tutto – che dietro all’assassinio ci sia lo stesso Eugene.
Di Nightfall colpisce soprattutto la fotografia, per lo più notturna (e permessa da un budget notevole), che veste di lirismo una storia in sé parecchio morbosa. Regia brillante, con due sequenze che vanno mandate a memoria: l’incipt con la rissa nei bagni della prigione – che cita il Cronenberg de La Promessa dell’assassino – e la collutazione in cabinovia. Pezzi di bravura che valgono da esempio.
Molto più convenzionale lo script, che non punta di certo sui colpi di scena, e anzi si attarda a ripetere l’ovvio.

Di tutt’altra pasta, poche ore prima, la commedia sudcoreana Dangerously Excited aveva raccolto anch’essa parecchi applausi. Storia di un piccolo impiegato, Dae-hee, perfettamente soddisfatto della sua vita: occupato nell’ufficio comunale che si occupa della viabilità, risponde al telefono raccogliendo biasimi e lamentele con compostezza quasi zen. Scapolo, appassionato di serie televisive, custodisce come un patrimonio la sua routine. Almeno fino a quando non si trova per caso ad ospitare in cantina una rock band di ventenni un po’ scapestrati: seccature e sorprese si rivelano entrambe foriere di imprevisti entusiasmi.
Diretto dal giovanissimo Koo Ja-hong, ex assistente di Park Chan-wook, con un budget ridicolo di 135.000 dollari (tanti sedicenti giovani registi italiani dovrebbero studiarselo), il film costruisce su uno spunto semplice semplice, e nemmeno nuovo, una strepitosa commedia piccolo borghese, che ha il pregio di non minimizzare le qualità del suo protagonista – facendone solo un frustrato che gode di un incontro fortunato –, né di ingigantirle – Dae-hee non è certo uno baciato dal talento -, ma di esaltarne invece il pragmatismo. Come a dimostrare che perseveranza e apertura alla diversità possono diventare armi formidabili nelle mani e nel cuore di chi ha voglia di rinnovarsi, anche nel proprio piccolo. Per chi l’avesse visto, siamo dalle parti de L’ospite inatteso.

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