John Travolta alla Festa di Roma: «Ho spezzato il cuore a Malick e creato il look del mio killer per Tarantino»

L'attore travolge la Festa con entusiasmo e generosità, concedendosi ai fan senza alcun limite e ripercorrendo la propria carriera tra rivelazioni, ricordi e aneddoti

John Travolta alla Festa di Roma 2019

John Travolta è stato assoluto protagonista dell’Incontro Ravvicinato di stasera alla Festa del Cinema di Roma, intrattenendo una platea divisa tra l’adorante e il festante, che ha battuto le mani a tempo di musica al cospetto delle clip dei celeberrimi film musicali che l’attore ha interpretato, Grease e La febbre del sabato sera (cult epocale che nel 1977 gli regalò un successo stellare e di proporzioni planetarie nei panni dell’indimenticato Tony Manero).

«Sono veduto a Roma pilotando il mio aereo ed è stato un volo bellissimo! – ha esordio l’amatissimo attore statunitense, con un sorrisone stampato in volto per tutta la durata dell’incontro e decisamente a suo agio nel ripercorrere le tappe più significative della sua carriera -, Ballare è probabilmente la cosa più divertente che puoi fare sul set. Non ho mai dovuto convincere molto i registi a farmelo fare, perché quasi tutti volevano che lo facessi! È una cosa che mi manca molto. Però da poco ho realizzato un video con Pitbull in cui ballo il tango, s’intitola 3 to Tango, andatelo a vedere!».

Dopo un’ora sul red carpet dell’Auditorium in cui si è generosamente concesso a selfie, autografi e interviste, il divo è stato introdotto da un montaggio in ordine cronologico della sua carriera e ha poi avuto modo di riguardare insieme ai presenti delle sequenze tratte da alcune delle altre sue interpretazioni più note, come Urban Cowboy, Face/Off, La sottile linea rossa e Pulp Fiction, nel quale ebbe il ruolo del memorabile Vincent Vega per Quentin Tarantino e che gli valse la seconda nomination all’Oscar, rilanciando nel 1994 una carriera in fase di stagnazione. 

John Travolta alla Festa di Roma 2019

«Mia madre era una regista e un’attrice, mia sorella un’attrice, eravamo tutti ossessionati dal cinema in casa fin da quando ero molto piccolo – ha raccontato -, Guardavamo La strada di Fellini, Ieri, oggi e domani con Sofia Loren. Lo spirito di tanti film, ad esempio quelli di Jim Cagney, mi hanno spinto a volerli emulare. La mia famiglia non mi ha mai ostacolato, sollecitava il mio istinto artistico. Mi hanno insegnato a essere bravo in quello che faccio. Mia madre era una grande professionista e mi ha esortato a essere profondo, a costruire il personaggio in maniera completa e totale, come se stessi lavorando a una ricetta».

«Fu un piacere lavorare con De Palma – dice Travolta a proposito dell’esperienza in Blow Out -, Mi scelse per il mio primo film, Carrie. Si fidava talmente tanto che mi lasciava la possibilità di fare delle scelte, di decidere io cosa fare sul set», mentre a proposito de I colori della vittoria, il film in cui interpretò il presidente Usa Bill Clinton, ricorda: «È stato gentile e carino nei miei confronti, quando lo incontrai. Il film non era tenero con lui, ma da buon politico ha saputo accettare un punto di vista diverso dal suo. Mike Nichols fu anch’egli un vero piacere, una volta venne nel mio camper e io l’accolsi come se fossi il Presidente, come se fossi Clinton! Fui molto professionale, come mi aveva consigliato da piccolo mia madre».

Il direttore della Festa e moderatore dell’incontro, Antonio Monda, gli ricorda poi che tantissimi film poi fatti da Richard Gere, come American Gigolo, Ufficiale e gentiluomo e Chicago, erano stati inizialmente offerti a lui. «Per il primo ebbi dei pessimi rapporti con Paul Schrader, le nostre visioni erano diverse e litigammo – precisa allora l’attore -, Sul secondo preferii la vita vera al cinema e divenni un vero pilota di jet. Sul terzo devo fare una premessa: sono cresciuto in un periodo in cui le donne amavano gli uomini. Elizabeth Taylor, Brigitte Bardot, Sophia Loren, li amavano tutte quante. Nella pièce teatrale di Chicago, che avevo visto, non si capiva il motivo di quest’odio, mentre il film era più chiaro in questo senso. Fu colpa mia, dovevo essere più furbo e intelligente e incontrare i realizzatori, soprattutto considerando che la Miramax mi offrì la parte tre volte. Richard però non mi ha msai ringraziato! Nemmeno Tom Hanks a dire il vero, visto che mi avevano offerto anche Splash!».

La stessa situazione con Gere, curiosamente, si ripresentò anche per I giorni del cielo di Terrence Malick, regista sul quale Travolta regala l’aneddoto più sentito, inaspettato e clamoroso della serata: «È in assoluto l’uomo più sensibile che abbia mai conosciuto. Purtroppo ero sotto contratto per un altro film, non potevo recitare per lui. A quanto pare quel personaggio, e il fatto che lo interpretassi io, era centrale per la sua visione e più tardi mi vennero a dire che Malick non lavorava più a Hollywood per questo. 17 anni senza fare più niente…».

«Quando lo ritrovai sul set de La sottile linea rossa – continua -, glielo chiesi e incredibilmente lui me lo confermò, che Hollywood gli avesse negato una cosa che per lui era tanto importante lo aveva deluso al punto di non voler averci più nulla a che fare. È strano perché questo mi fece tornare in mente la prima volta che da bambino vidi La strada di Fellini, insieme con mio padre. Quando Giulietta Masina muore di crepacuore io rimasi sbalordito, gli chiesi se una cosa del genere era possibile e lui mi disse di sì, ”La gente può morire per un cuore spezzato”. Mi cambiò la vita, mi resi conto che i miei sentimenti, o la loro mancanza, potevano perfino uccidere qualcuno, era un’enorme responsabilità. Così decisi che non avrei mai spezzato il cuore a nessuno, mai… E invece l’ho spezzato a Terrence Malick!».

Essendo John Travolta una delle massime icone musicali del cinema di tutti i tempi, c’è spazio anche per una rivelazione a tema musical: «A 17 anni feci un provino per Jesus Christ Superstar e il produttore scrisse su un pezzo di carta: “Questo ragazzo è troppo giovane per questo film, ma tenetelo d’occhio perché diventerà qualcosa di grande”. Diversi anni dopo me l’ha mostrato, dopo avermi offerto il ruolo da protagonista ne La febbre del sabato sera e in Grease. Se uno pianta un semino da qualcosa che va storto ci può essere sempre una magia che ti porta a qualcosa di inaspettato o di più grande».

Inevitabile e obbligata la chiusura su Pulp Fiction di Tarantino. «All’inizio Quentin non era d’accordo sul fatto che il personaggio avesse i capelli lunghi, ma abbiamo fatto una prova, mi sono messo un orecchino e continuavo a parlare davanti la macchina da presa agitando la testa e i capelli. Alla fine Tarantino ha trovato che funzionasse perfettamente e mi ha detto: “Va bene, fallo così!”. Nello script c’era scritto che lui era stato diversi anni ad Amsterdam, e io sono stato ad Amsterdam. Ricordo quel viaggio, avevo visto un sacco di capelloni!».

Infine, prima del bagno di folla coi fan ai quali Travolta si concede sempre di tutto cuore (non ha abbandonato la sala prima di stringere tutte le mani e firmare tutti gli autografi possibili, con zelo impressionante), c’è spazio per un fuori programma: un premio speciale assegnato dalla Festa per il suo ultimo film, The Fanatic, che passerà alla Festa domenica prossima e nel quale interpreta un fan prigioniero della sua ossessione per un attore di film d’azione. A Travolta però, a suo dire, una situazione del genere non è mai capitata: «Ho sempre avuto ottimi rapporti con i miei fan, ma sono rimasto decisamente affascinato da questo personaggio, perché questa passione nei confronti di qualcosa la capisco, in parte sono anch’io così. Credo sia stata una delle mie interpretazioni preferite, dopotutto ho tutte le conoscenze tecniche per interpretare personaggi strani!».

John Travolta alla Festa di Roma 2019

Foto: Getty Images 

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