Berlinale 2017: Bright Nights, tra i fiordi in cerca di un rapporto perduto

Thomas Arslan mette in scena il dramma di un padre e di un figlio che non si conoscono. Una vacanza li costringerà a entrare in contatto

Un padre e un figlio che quasi non si conoscono alle prese con un’avventura on the road che forse può cambiare le cose.

Quando Michael riceve la notizia della morte del padre, da anni trasferitosi in Norvegia, non si tratta di un dolore lancinante e tuttavia quest’uomo dal carattere spigoloso (è interpretato dall’austriaco Georg Friedrich, già visto in molte pellicole di Michael Haneke ) decide di partire per seppellire il padre vicino ai fiordi che aveva eletto a propria casa. Ma non basta: con sé porta il figlio quattordicenne Luis, che vive con la madre in  campagna e che Michael evidentemente frequenta poco. La breve “gita” si trasforma in una vacanza in cui Michael tenta di recuperare un rapporto con il figlio, combattendo con le sue inadeguatezze e l’ostilità dell’adolescente…

«Volevo fare un film che fosse vicino alla mia esperienza, focalizzandomi questa volta sulle relazioni tra i personaggi» sostiene il regista Thomas Arslan, che nel 2013 alla Berlinale aveva portato il western Gold. «La verità che voglio raccontare è che per poter decifrare i sentimenti di una persona bisogna prima conoscerla. Michael conosce poco o nulla suo figlio, ha passato poco tempo con lui, per cui fa fatica a comunicare… allo stesso tempo all’inizio, nonostante abbia proposto lui la vacanza, è proprio il padre a rifiutarsi di prendersi le sue responsabilità, poi prova ad avvicinarsi e a quel punto viene ripetutamente respinto».

Nel film gioca naturalmente un ruolo fondamentale il paesaggio norvegese:

«È un road movie e quando si gira un road movie il modo di inquadrare il paesaggio è fondamentale perché il paesaggio è una presenza. Ovviamente è diverso stare insieme in una città piena di gente e in un luogo deserto… come accade progressivamente nel film» ribadisce Arslan « Inconsciamente Michael sceglie un luogo sempre più desolato in modo da non avere distrazioni rispetto allo stabilire un rapporto con Luis. Alla fine sono obbligati a confrontarsi e a trovare un modo di stare insieme».

«Vero» – ammette il protagonista Georg Frederich – «è un inizio, un contatto c’è stato, quando il padre porta il figlio sulle spalle, poi ovviamente servirà del tempo, ma almeno si sono avvicinati».

Il giovane interprete di Luis, Tristan Göbel, che in Germania ha raggiunto il successo l’anno scorso con Tschick, un altro road movie dal taglio decisamente diverso,  ammette che «l’altro film era decisamente più divertente, qui c’è dramma…e poi quando abbiamo girato faceva un gran freddo e quindi è stato anche più complicato per me come film da fare. La relazione padre-figlio che si vede qui oggi è abbastanza tipica… padri e figli che vivono lontani e non si conoscono. Il mio personaggio ha bisogno di tempo addirittura per processare il fatto che il padre voglia avvicinarsi a lui»

Un’avventura complessa che per Arslan non ha una canonica chiusura: «Il finale non è esattamente una riconciliazione. Per me è un finale aperto»

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