Berlinale 2020: ‘My Salinger Year’ è una dichiarazione d’amore per la letteratura. Sigourney Weaver e Margaret Qualley inaugurano il festival

Il primo film in concorso a Berlino è un racconto di formazione al femminile ambientato negli anni '90

Nella New York letteraria degli anni ’90 una giovane donna trova un mentore inaspettato nel riservatissimo J.D. Salinger

Joanna arriva a New York per una visita e, d’impulso, decide di restare; trova lavoro in una prestigiosa agenzia letteraria che come cliente più famoso ha l’autore de Il giovane Holden, J.D. Salinger, di cui Joanna ha il compito di preservare l’assoluta riservatezza, rispondendo ai suoi numerosissimi fan in modo impersonale. Ma la giovane donna, aspirante poetessa, non riuscirà a mantenere tanto distacco e nel rapporto con la sua datrice di lavoro, la severa Margaret, si metterà alla ricerca della sua strada…
Tratto dal memoir di Joanna Rakoff, il film di Philippe Falardeau (canadese, già regista e sceneggiatore di Monsieur Lazhar) si svolge poco più di vent’anni fa, ma il mondo che dipinge, senza cellulari e, per ordine di Margaret, senza computer, sembra lontanissimo dall’oggi… ma allo stesso tempo terribilmente attuale.
«Quello che racconto è un mondo che sta per cambiare profondamente. È un mondo in cui le parole contavano davvero, non c’erano i cellulari e la gente doveva ancora incontrarsi per comunicare. È un period (per quanto vicino nel tempo), ma credo che sia molto rilevante per l’oggi. Appena ho letto il libro di Joanna ho capito che poteva diventare il mio prossimo film: era un libro divertente e profondo e il fatto che io, uomo e canadese di 49 anni, potessi connettermi in modo così immediato con la storia di una donna ventenne a New York mi ha fatto capire che era una storia che valeva la pena raccontare».
Concorda Sigourney Weaver, che nel film incarna Margaret, la severa, ma affascinante mentore della protagonista (un “dinosauro”, la definisce lei, ma al contempo una sacerdotessa della letteratura). «È il coming of age di una giovane donna e questo non è il tipo di storia che si trova di frequente, ma Philippe, da uomo, ha saputo raccontarlo molto bene». Forse anche grazie alla collaborazione con la scrittrice Joanna Rakoff, che conferma l’ottimo rapporto con il regista: «C’erano tanti registi e produttori che mi cercavano, ma Philippe è stato l’unico a volermi incontrare e mi ha colpito per il modo in cui aveva colto i personaggi. Questa è la storia di una giovane donna, ma anche una storia a proposito del valore trasformativo che l’arte e la letteratura hanno sulle persone… che è quello che è successo a me».
Margaret Qualley è luminosa (grazie anche alla straordinaria fotografia di Sara Mishara) mentre si muove per le strade di una New York che è ancora, in qualche modo, quella de Il Giovane Holden, per cui non è affatto strano che la ragazza si trovi ogni giorno tra le mani pacchi di lettere indirizzate allo scrittore recluso dai suoi fan. Attraverso le loro storie Joanna rilegge la sua, fa i conti con le scelte che ha fatto (oppure no) fino a trovare finalmente la sua strada.
«Lavorare sul personaggio di Joanna è stata un’esperienza interessante. Quando ti trovi a interpretare una persona reale c’è sempre un po’ di pressione perché ci si chiede “quanto gli assomigli?”. In questo caso io ho avuto tutti i vantaggi di avere a che fare con la persona che dovevo interpretare, ma anche una certa libertà, perché Joanna Rakoff è nota, ma soprattutto a livello letterario, non al grande pubblico». Ha spiegato la Qualley, che ha anche confessato con disarmante semplicità di aver condiviso l’emozione di Joanna di fronte al mostro sacro Salinger, quando si è trovata di fronte la prima volta Sigourney Weaver, un mentore per lei sia nella finzione che nella realtà.
E che dire dell’altro grande protagonista del film, quel J.D.Salinger la cui foto campeggia sulle pareti dell’agenzia, ma che per la protagonista resta a lungo solo una voce al telefono?
«Salinger è in questo film una sorta di presenza fantasma, elusiva, ma fondamentale nel portare Joanna a fare i conti con sé stessa. Quando ho cominciato a scrivere la sceneggiatura non avevo mai letto niente di suo – esattamente come la protagonista – e l’ho fatto solo dopo aver scritto la prima stesura, come a cercare un confronto. È straordinario come Il giovane Holden, un libro che di solito si legge da ragazzi, abbia colpito così tanto un uomo di 49 anni come me ».
E che attraverso il film di Falardeau si prepara a (ri)conquistare alla lettura anche gli spettatori del 2020.

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