Monsters: la recensione di Gabriele Ferrari

C’è un’espressione molto in voga, usata per descrivere prodotti a basso budget e basse ambizioni, ma capaci di scavare un solco nel cuore degli appassionati: «Un piccolo film». Così era stato descritto District 9, così veniva presentato Moon (per quanto dietro la facciata indie entrambi nascondessero abbondanti ambizioni e risorse). Monsters, opera prima dell’esperto di CGI Gareth Edwards, rientra a pieno titolo in questa categoria.

Girato in America centrale con un budget ridicolmente basso (mezzo milione di dollari) e un cast composto da due soli attori (Scoot McNairy e Whitney Able, non esattamente delle superstar), Monsters è l’epitome di quella che dovrebbe essere la fantascienza oggi. La vicenda è presto raccontata: una navetta della NASA si schianta da qualche parte in Messico. Per paura di contaminazioni con eventuali (o reali, come si scopre presto) forme di vita aliene, l’area viene isolata e ribattezzata “Zona infetta”; gli States arrivano al punto di erigere un muro lungo il confine, per contenere gli “attacchi” delle creature. Sono Andrew e Samantha, giornalista d’assalto lui, figlia di papà lei, a farci scoprire cos’è davvero la Zona; entrambi sono rimasti intrappolati a sud dell’area recintata in seguito a un attacco, entrambi sono desiderosi di tornare in America e quindi pronti a imbarcarsi in un road trip che sfocia nel viaggio allucinante.

Nonostante i presupposti che richiamano più di un classico della sci-fi (dallo Stalker di Tarkovsky a Godzilla), è difficile spiegare cosa Monsters voglia essere. Non è un film di mostri: gli alieni non sono aggressivi, ma maestosi e disinteressati all’uomo; sono “solo” animali che hanno colonizzato un habitat perfetto. In questo, il film assomiglia a un Jurassic Park popolato da dinosauri erbivori, in cui però i “mostri” rimangono sullo sfondo, come una presenza suggerita ma che non si concretizza(quasi) mai. Ed è soprattutto la sensazione di smarrimento, costante tensione e – perché no? – meraviglia di fronte a forme di vita così superiori a noi che richiama il classico di Spielberg, se questo fosse svuotato di gran parte dell’azione.

Ma Monsters è anche la storia di un uomo e una donna che imparano a conoscersi, ad aiutarsi e a piacersi. C’è chi ha parlato di «Lost in Translation con gli alieni», e forse non è lontano dalla realtà. Non c’è copione in Monsters, ma improvvisazione e spontaneità (McNairy e Able sono una coppia anche nella vita), ed è questo che dona profondità al film.

Intendiamoci, non tutto è perfetto in Monsters: la storia a tratti rallenta, la regia guerrilla-style ogni tanto pesa. Ma è un film che gronda amore per il cinema indie, per la fantascienza e (perché no?) per le meraviglie della natura, senza voler essere predicatorio, senza alcun sottotesto politico. È insieme un omaggio al passato e uno sguardo al futuro, e per questo va premiato senza esitazioni.

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Mi piace
L’atmosfera di stupore e smarrimento che si respira in ogni fotogramma. Una CGI degna di un blockbuster (nonostante sia stata creata in sei mesi su un portatile dal solo Edwards). L’alchimia tra McNairy e Able.

Non mi piace
Qualche rallentamento di troppo nella parte centrale del film.

Consigliato a chi
Ama la fantascienza, ama le storie d’amore, vuole scoprire come si fa a coniugare le due cose con classe e passione.

Voto
4/5

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