Il Festival di Roma si tinge di rosa

Il sesto appuntamento con il festival della Capitale è un’edizione virata al femminile, tra premi Nobel, storie private di coraggio ed emancipazione e commedie brillanti. Uno sguardo in anteprima all’evento di Roma, tra ospiti speciali e qualche grande classico che vive una seconda giovinezza

Dici “Festival di Roma” e la prima parola che viene in mente è “polemiche”. Che accompagnano da sempre la manifestazione («Chiudiamola, costa troppo, è un doppione di Venezia»), che hanno animato anche quest’anno la conferenza stampa di presentazione e che, lo diciamo senza remore, sono spesso strumentali e rischiano di mettere in secondo piano quello che davvero conta. E cioè i film, i red carpet, i protagonisti di una manifestazione che continua a crescere. E che quest’anno, perdonateci l’espressione un po’ abusata, veste rosa, in tutte le declinazioni possibili. Si apre con Aung San Suu Kyi e si chiude con Holly Golightly, un Nobel per la pace e un’icona di stile: Luc Besson inaugurerà infatti la nove giorni (dal 27 ottobre al 4 novembre) con The Lady, storia della coraggiosa Suu Kyi, Nobel per la pace di origini birmane recentemente tornata in libertà dopo otto anni di arresti domiciliari, mentre a chiuderla sarà la versione restaurata di Colazione da Tiffany, “splendido cinquantenne” firmato Blake Edwards. In mezzo, in assenza di registi di prima grandezza, un nutrito esercito di signore e signorine parecchio agguerrite: dalla lanciatissima Noomi Rapace (madre single perseguitata dall’ex marito in Babycall) all’“isterica” Maggie Gyllenhaal (in Hysteria, già passato per Toronto), passando per monumenti come Charlotte Rampling (insieme a Geoffrey Rush nel dramma casalingo The Eye of the Storm) e icone anni Novanta come Kristin Scott Thomas (che, a proposito di icone, sarà affiancata da Ethan Hawke nel thriller La femme du cinquième). E naturalmente, visto che siamo pur sempre in Italia, anche il tricolore si tinge di rosa. Non solo grazie alla madrina Luisa Ranieri (nella foto), ma anche, soprattutto, perché dei 15 film in concorso ben quattro sono italiani, e ciliegina sulla torta due sono esordienti: Ivan Cotroneo con il molto hippie La kryptonite nella borsa, con la coppia Valeria Golino-Cristiana Capotondi, e Marina Spada (una donna, guarda caso) che in Il mio domani “usa” Claudia Gerini per raccontare una storia di emancipazione e forza di volontà. E stiamo solo parlando del concorso, perché allargando lo sguardo si trova la “giovane coppia” Jennifer Lawrence-Felicity Jones di Like Crazy, il ritorno un po’ inatteso di Olivia Newton-John in A Few Best Men (pensate a Una notte da leoni senza la volgarità) e l’“all star roster” della prima trasferta americana di Roberto Faenza (Marcia Gay Harden, Lucy Liu ed Ellen Burstyn in Un giorno questo dolore ti sarà utile). Le quote rosa sono rispettate, l’amor patrio anche, rimane solo da accontentare il pubblico giovane (nella sezione Alice nella città) per chiudere il quadro: e infatti Roma non si risparmia, con le mini-anteprime (15’ l’una) di Breaking Dawn – Parte 1 e del fantasy targato Scorsese Hugo, oltre alla proiezione integrale dell’attesissimo Le avventure di Tintin di Steven Spielberg. Vogliamo aggiungere un’ulteriore infornata di eventi speciali? D’accordo: Wim Wenders parlerà al pubblico del futuro del cinema e presenterà il suo Pina 3D, Sabina Guzzanti porterà il suo documentario su Franca Valeri Franca la prima e Totò 3D, il primo esperimento italiano con la terza dimensione, tornerà in versione restaurata, come anche, tanto per restare in tema 3D, Il Re Leone, presentato fuori concorso. Ce n’è per tutti, insomma: non rimane che fare a tutti i protagonisti il più classico degli «in bocca al lupo, e che vinca il migliore».

L’articolo è pubblicato su Best Movie di novembre a pag. 80

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