J.K. Rowling alle origini di Harry Potter. La recensione di Animali fantastici e dove trovarli

La scrittrice britannica lancia un nuovo incantesimo che conquisterà il pubblico. Lo spin-off non è un clone delle avventure del maghetto ma un prequel solido dall'immaginario nuovo di zecca, che oscilla tra buffi momenti di tenerezza e scene molto dark

Sono passati esattamente 15 anni da quel 16 novembre del 2001 in cui al cinema uscì Harry Potter e la pietra filosofale e cinque da quando la saga del “ragazzo che è sopravvissuto” ha calato il sipario e siamo rimasti orfani del mondo magico di J.K. Rowling. E, pur attendendo con una certa trepidazione lo spin-off prequel delle avventure di Hogwarts, era impossibile non nutrire qualche dubbio sul fatto che una nuova saga potesse conquistare lo stesso volume di pubblico, specie perché trattasi non di vera e propria trasposizione a partire da un romanzo di successo, ma di una sceneggiatura creata ad hoc a partire da un “bestiario” che l’autrice inglese aveva concepito come implementazione del suo universo magico e non come storia a sé.

La Rowling con questo film conferma un’immaginazione florida e un talento notevole come autrice di una sceneggiatura originale, dando vita a un’avventura avvincente, che fa di Animali fantastici un oggetto totalmente nuovo, sprigionato dal mondo di Harry ma totalmente a se stante. Punto di forza notevole sono proprio le bizzarre creature nascoste nella valigia del magizoologo Newt Scamander (Eddie Redmayne), autore del testo scolastico che anni dopo Harry, Hermione e Ron si ritroveranno a studiare, ma che per ora si limita a raccogliere, allevare e proteggere dall’ignoranza e dalla cattiveria di chi le ritiene pericolose. Il giovane mago approda a New York nel 1926, per ridonare la libertà all’esemplare di una specie rarissima che solitamente volteggia nei cieli dell’Arizona, quando casualmente scambia la propria valigia con un grassoccio babbano (in America li chiamano Nomaj), che inavvertitamente libererà gli insoliti ospiti dello zoo portatile di Newt, i quali creeranno un certo scompiglio per le strade di New York. Sfortuna voglia che proprio in quello stesso momento il ministero della magia a stelle e strisce, il MACUSA, stia facendo di tutto per occultare la propria esistenza ai nomaj onde evitare una guerra e che la fuga degli animaletti sia destinata a dare nell’occhio. Il ragazzo viene così arrestato da un’auror (la polizia magica, per farla breve) e dopo una serie sfortunata di eventi rischierà l’esecuzione capitale…

Se Harry & Co. dovevano difendersi all’interno del mondo magico dal mago più oscuro di tutti, qua invece gli esseri dotati di poteri straordinari – un po’ come gli X-Men – devono vedersela con l’intolleranza dell’essere umano, la più pericolosa di tutte. J.K. spalma con sapienza lungo il racconto temi mai così attuali come la paura del diverso e la caccia alle streghe, mescolando il lato oscuro con la tenerezza delle bestiole magiche (lo Snaso ladruncolo vince su tutte ed è già un’icona), non riuscendo a gestire sempre bene il registro, oscillando tra momenti buffissimi e scene clou molto dark.

Come nella saga precedente, anche qui a vincere è la coralità. Harry non sarebbe stato lo stesso senza i suoi comprimari Ron ed Hermione e lo stesso vale per Newt, che si circonda di una squadra fedele. Redmayne, come sempre maniacale nella caratterizzazione dei suoi personaggi (Stephen Hawking e la Lili di Danish Girl insegnano), dà vita a un geek insicuro ma tenero e generoso che cammina con i piedi a papera, non si separa mai dalla sua valigia e ha il sorriso un po’ sghembo. Dovrà fornirgli più convinzione da eroe protagonista nei prossimi quattro episodi, quando dovrà vedersela con il temibile Gellert Grindelwald (il già annunciato Johnny Depp), personalità oscura che – esattamente come Voldemort – crede nella supremazia della specie magica e vuole guadagnarsi l’immortalità. A suscitare le simpatie più grandi è la coppia formata dall’aspirante pasticciere in sovrappeso Jacob (Dan Fogler) e dalla seduttiva e un po’ svampita Quennie (Alison Sudol). Funzionali, ma non memorabili anche Colin Farrell nel ruolo dell’ambiguo Signor Graves ed Ezra Miller in quello dello “strambo” e misterioso Credence. Mentre non convincono in pieno Katherine Waterston, nei panni dell’auror Tina, e la crudele Samantha Morton.

David Yates, regista di ascendenza televisiva il cui banco di prova sul grande schermo sono stati gli ultimi quattro Harry Potter e che, a nostro parere, ha spesso disatteso le aspettative dei fan nudi e puri della saga letteraria, travisando o sforbiciando impunemente passaggi fondamentali dei romanzi, qui si riscatta riuscendo a tradurre visivamente il nuovo mondo magico con un capace utilizzo degli effetti speciali (e un 3D niente male), che rende giustizia sia agli animali magici che alla Grande Mela steampunk messa in piedi per l’occasione.

Il merito più grande va comunque tributato alla Rowling, che è riuscita a emulare se stessa senza copiarsi; e non vediamo l’ora di scoprire come si svilupperà quest’avventura, di cui in fin dei conti abbiamo visto solo il prologo. Con la promessa entrata in scena nel prossimo episodio di un giovane Silente e di Grindelwald, la Rowling punta a ricreare la stessa tensione emotiva e lo stesso scontro tra Bene e Male che ci ha già inchiodato allo schermo per dieci anni e questo è un valido incipit per cui darle fiducia.

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