Kara, uno sguardo al futuro in un cortometraggio di David Cage

Al GDC, il presidente della software house Quantic Dream presenta una demo tecnica per PlayStation 3 che è anche un piccolo capolavoro di storytelling

GDC, ovvero Game Developers Conference, ovvero il più importante evento annuale che riunisce sviluppatori, creativi, giornalisti, addetti ai lavori e chiunque sia interessato anche collateralmente al medium-videogioco. In corso in questi giorni al Moscone Center di San Francisco, è una straordinaria finestra su un mondo, quello dei games, che nonostante gli incredibili passi avanti compiuti negli ultimi anni è ancora in cerca – purtroppo – di una reale e totale accettazione (da parte di pubblico e una parte della critica) come “mezzo espressivo serio” e non “semplice passatempo”.

Ma perché, vi chiederete, siamo qui su un sito di cinema a parlarvi della GDC? La risposta è semplice, e ha un nome e un cognome: David Cage. Musicista e sviluppatore di origini francesi, è l’uomo di punta di Quantic Dreams, software house che in questi anni si è distinta per il suo approccio altamente sperimentale al medium-videogioco. Prima con Fahrenheit, straordinario giallo interattivo che assomigliava molto a una di quelle “storie a bivi” che leggevamo quando eravamo più piccoli. Poi, un paio d’anni fa, con Heavy Rain, uno dei più impressionanti esempi di storytelling interattivo che si siano mai visti su schermo. Criticato da alcuni per la sua non-aderenza ai canoni del videogioco, adorato da altri per la profondità e l’impatto della vicenda raccontata – che mischiava la classica storia di serial killer a riflessioni e suggestioni sul rapporto padre-figlio e sul peso del senso di colpa –, Heavy Rain è, forse più di qualsiasi altro videogioco, il ponte ideale tra cinema e console. Al di là del suo effettivo valore, è impossibile non negarne l’importanza.

Come è impossibile non rimanere colpiti e toccati da Kara, un corto di sei minuti presentato ieri da David Cage alla GDC (e a cui ha fatto seguito un’interessante intervista) che racconta la storia di un androide di sesso femminile (Kara, appunto) al momento della sua “attivazione”. Oltre a essere tecnicamente impressionante, tanto da cascare appieno nella uncanny valley, è anche una riflessione interessante sul labile confine tra vita “vera”, vita artificiale, (auto)coscienza e una serie di altri temi di cui anche i cinefili adorano parlare: vedere l’androide che prende coscienza di sé e mormora la frase: «I thought…» non si può non pensare a Blade Runner, per esempio.

Potete vedere il cortometraggio qui sotto: dà un’idea precisa delle incredibili potenzialità di una console come la PlayStation 3, e racconta, in poche, semplici scene, una storia più interessante e ricca di spunti di riflessione di quella vista in milioni di blockbuster hollywoodiani. «We make games for kids and teenagers. We totally ignore adults out there» dice Cage nell’intervista. Si può essere d’accordo del tutto, in parte o per nulla (chi scrive, per esempio, ha un’opinione molto meno radicale di quella di Cage), ma sicuramente la provocazione è interessante. Chissà che anche questo Kara non aiuti ad aprire altri occhi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA