Magic Mike, Matthew McConaughey: «Sullo schermo mi spoglio, ma nella vita sono un family man»

40 anni (pardon, 42) e non sentirli. Perché superati gli anta ci si può ancora sposare, diventare padre per la terza (e forse non ultima) volta e mettere piede in uno strip club… da protagonista, però. Steven Soderbergh in Magic Mike l’ha voluto così. Del resto, stiamo parlando dell’uomo con gli addominali più espressivi della faccia...

In 42 anni non gli era mai capitato di dover esibire i propri pettorali davanti a una folla di donne urlanti. Ma ormai Matthew McConaughey ha imparato la lezione: c’è sempre una prima volta. Così, dopo un anno che lo ha visto sfilare due volte sulla Croisette – per Mud di Jeff Nichols e Paperboy di Lee Daniels – e che nei prossimi mesi lo vedrà indossare i panni di un assassino in Killer Joe, diretto da William Friedkin e passato lo scorso anno da Venezia, e quelli di un procuratore distrettuale in Bernie di Richard Linklater, McConaughey ha pure dovuto imparare l’arte dello strip. Colpa di Steven Soderbergh che nel suo Magic Mike, film ispirato al passato di Channing Tatum (anche lui nel cast), gli ha affidato il ruolo di Dallas, il proprietario di un club di Tampa dove aitanti stripper si esibiscono per un pubblico di sole donne. Anche se nella vita vera si fa “toccare” solo dalla moglie, la modella brasiliana Camila Alves, con cui è convolato a nozze lo scorso 9 giugno e che presto lo renderà padre per la terza volta.

Come cambia l’atmosfera tra un club di spogliarellisti uomini rispetto a quelli in cui a esibirsi sono le donne?
«Credo di essere stato in uno strip club femminile un paio di volte nella mia vita e prima di iniziare a girare Magic Mike non conoscevo affatto i locali maschili. La prima volta che ci sono entrato è stato quando Channing (Tatum, ndr) e io siamo andati insieme a New Orleans. È un’esperienza diversa: gli uomini vanno da soli e si limitano a fantasticare. Le donne, invece, ricercano uno spettacolo di puro intrattenimento, preferiscono andare in gruppo e amano allungare le mani (ride)».
Come descriverebbe il suo personaggio, Dallas? Come si è calato nei succinti panni di uno spogliarellista quarantenne?
«Mi sono ispirato a Jim Morrison e a Malcolm McDowell in Arancia meccanica. Dallas è stato uno stripper e ora gestisce lo show. Prima di trasferirsi a Miami, vuole dare il suo personale “addio” al pubblico con un numero speciale. Non avevo mai fatto nulla di simile, ma il copione lo richiedeva. Così mi sono esibito!».
Non era preoccupato di doversi spogliare davanti a una schiera di donne urlanti?
«Quando Steven Soderbergh mi ha chiamato per raccontarmi la storia mi ha detto: “Dallas non si esibisce, non balla, ma sarebbe carino se tu lo facessi”. L’idea mi ha spaventato, ma poi ho pensato: “Sarà l’unico film sul mondo dello strip maschile che farò. Se non lo faccio, lo rimpiangerò”. Salire su un palco seminudo crea una certa agitazione, e la paura aumenta quando sai di avere addosso solo un perizoma».
Che tipo di allenamento ha dovuto seguire per scolpire il suo corpo?
«Se vuoi vedere un ragazzo raggiungere una forma splendida, basta dirgli che dovrà mostrare il suo lato B di fronte a 300 donne. Io ero già abbastanza in forma, ma ho iniziato una dieta intransigente, iper-proteica, combinata all’esercizio fisico. Inoltre correvo in hotel per provare le coreografie. In tutto ciò, però, non ho mai rinunciato a un bicchiere di buon vino: non si può dire no a certi piaceri». […]

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