Miglior film straniero: Una separazione
Lo aveva già anticipato con About Elly. Ora, con Una separazione (Orso d’Oro a Berlino e una nomination ai Golden Globes), l’iraniano Asghar Faradhi conferma le proprie doti di narratore. Lo fa con una storia semplice che spiega il titolo fin dalle prime scene: Simin vuole divorziare dal marito Nader perché non è disposto a trasferirsi all’estero, non volendo lasciare il padre malato di Alzheimer. Lo fa con una delle più sottili e straordinarie prove di scrittura viste di recente sul grande schermo: un capolavoro per la critica. Lo fa con un messa in scena in cui tutto ha una sua necessità e ogni dettaglio serve a innescare colpi di scena che di volta in volta ribaltano la realtà, in una sorta di effetto domino che abbatte ogni credo e ogni morale e dove colpevoli e innocenti si scambiano continuamente i ruoli. Lo fa con un film che non offre facili risposte (finale compreso), piuttosto ci interroga. E ci chiede di schierarci. Anche se «un confine netto tra il bene e il male qui non esiste: la lotta è tra i buoni… e i buoni. Questo è il “senso” della tragedia moderna». Questa è l’unica verità di Farhadi.
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