Torino Film Festival, il triangolo sessuale che creò Wonder Woman: la recensione di Professor Marston & The Wonder Women

L'origin story della donna più famosa dei fumetti in un film seducente e accattivante, caldamente raccomandato ai fan

Il primo trailer di Professor Marston & The Wonder Women

L’origin story di Wonder Woman è una delle più torbide e affascinanti in assoluto: dietro la principessa delle Amazzoni c’è infatti uno psicologo, William Moulton Marston (Luke Evans), inventore fuori dagli schemi, poligamo dalle passioni sessuali spinte, che insieme alla compagna Elizabeth, anche lei accademica, coltiva teorie sessuali progressiste e si intrattiene con una studentessa: un triangolo con dei risvolti anche sadomasochistici al quale Marston si ispirerà per la sua celeberrima creazione fumettistica.

Professor Marston & the Wonder Women è il prodotto mainstream ideale: un film allo stesso tempo intelligente e godibile, stratificato e d’impatto, che racconta nel migliore dei modi una storia vera che mescola accademismo e sfrenato piacere del racconto, riflessioni di gender e acuti spunti sui ruoli del maschile e del femminile. Marston nascose la propria vita privata, che invece qui è tutta esposta, nella sua provocatoria sete di autonomia, in un libertinismo che seppe farsi interprete di un’epocale e iconica figura di donna potenziata.

Luke Evans è efficace nel restituire la sorniona e ambigua intelligenza di Marston, uno che la sapeva lunga e che non mancò di far confluire il maschile nel femminile attribuendo al secondo le prerogative del primo con un ribaltamento di costume in grado di segnare l’immaginario che sarà (le componenti sessuali del fumetto furono prima espulse e poi reintegrate molto tempo dopo). Tuttavia anche la moglie Elizabeth, interpretata da una bravissima Rebecca Hall, nella sua respingente e nevrotica essenza spigolosa, è a sua volta una wonder woman piena di chiaroscuri etici e morali che confluiscono in una storia a tre piena di reticenze fatali, desideri latenti, pulsioni inespresse.

Una vicenda di malessere e masochismo, ma anche di assoggettamento erotico e mentale, praticato ai danni della giovane adepta usata a suo dire come “una cavia da laboratorio” (Bella Heathcote), in cui maschile e femminile si fondono, proprio come nel personaggio di Wonder Woman, forzando non poco la cultura gender e aprendole una breccia all’interno dell’immaginario pop e della società dello spettacolo, vista qui anche attraverso il filtro illuminante, complesso e spiazzante del mondo accademico.

Nel finale non mancano alcune evitabili forzature melodrammatiche, ma la forza del disegno d’insieme è notevole e la sicurezza con cui questo progetto si barcamena in territori non semplici davvero ammirevole. Nel momento in cui il film sarà reperibile, dopo il passaggio al Torino Film Festival, per i fan del fumetto originale e non solo è davvero un appuntamento da non perdere.

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