Venezia 69: Bad 25, la lettera d’amore a Michael Jackson di Spike Lee

Filmati inediti e girati dallo stesso Re del Pop, backstage con Scorsese, raccontano il suo genio creativo in un ricchissimo documentario presentato oggi fuori concorso e presto in dvd

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«È tutto scritto qua. È una lettera d’amore assoluta verso di lui. Sono cresciuto con Michael e Prince. Quando ero piccolo vedevo in tv i Jackson Five all’Ed Sullivan e io volevo essere Michael Jackson. Sono venuto su con il suo mito e questo è il mio modo di rendergli omaggio. Grazie al mio lavoro poi ho sempre avuto la fortuna di lavorare gomito a gomito con quelli che ritenevo i miei idoli ed è successo così anche con Michael. Era una persona speciale. A sette anni studiava James Brown ed era già sotto contratto per la Motown da giovanissimo. Io ne ho mostrato solo il genio musicale, il processo creativo, l’incredibile tenacia e ho lasciato da parte “il ciarpame”». Così ha parlato, con estrema partecipazione, il regista afroamericano Spike Lee durante la conferenza stampa dedicata al documentario Bad 25, presentato oggi al Festival nel giorno in cui 25 anni fa quell’album uscì per la prima volta (l’album uscirà nuovamente a metà settembre e presto il documentario sarà disponibile in dvd).
«In quell’album ci sono brani indimenticabili come Dirty Diana, The Way You Make Me Feel, I Can’t Stop Loving You, Leave me Alone, Smooth Criminal… Voleva arrivare al successo di Thriller (100 milioni dicopie) e se lo scrisse in rosso su un foglio che mise sul suo specchio e anche se non ci riuscì, vendette tantissime copie in tutto il mondo.
Rimarrete stupiti dalla quantità di materiale che che nessuno ha mai visto. Come ad esempio la nota in cui Michael si spingeva a studiare i grandi per diventare più grande. Fred Astaire, Gene Kelly, Marvin Gale, Bob Fosse eccetera eccetera… The Bang Wang e Il terzo uomo, Buster Keaton e Flashdance, Jackson ha incorporato tutto e tutti. per questo siinfuriava quando li chiamavano videoclip».
A vederlo roteare per oltre due ore sullo schermo pare ancora incredibile che non ci sia più. Sembra impensabile mentre quel volto da eterno bambino riempie il grande schermo, come ricorda anche il suo voice coach, raccontando che Michael aveva un’estensione vocale impressionante, tre ottave sopra gli altri, ma era anche un tenore che poteva raggiungere qualsiasi nota bassa e che avrebbe potuto usare quei toni quando parlava, ma si rifiutava di farlo, semplicemente perché non voleva diventare adulto…
Numerosissimi i video, le interviste, i filmati realizzati dallo stesso Jacko messi insieme da Lee. Da cui emerge una personalità sicuramente complessa. Se Michael, ad esempio, era un agnello quando rispondeva ai giornalisti o se per sbaglio faceva del male a qualcuno sul set, si trasformava in un leone di energia e grinta quando era sul palco o passava le notti a studiare le sue coreografie.
Inutile aspettarsi un documentario di rottura tipicamente a-la-Spike Lee, qua si cammina nel territorio della celebrazione purissima. Un documentario prodotto dall’avvocato personale di Jackson, John Branca, e ravvivato dai ricordi di tutti coloro che hanno lavorato a stretto contatto con il grande performer, ma anche da tutti quei musicisti che alla sua musica e al suo stile si sono ispirati o che con lui hanno collaborato almeno una volta. Come Sheryl Crow, che ha sintetizzato magnificamente l’effetto che Michael produceva sul pubblico dei suoi concerti: «Ci sono quelli che ti colpiscono per la loro qualità tecnica, ma lui cambiava le molecole» dice la cantante, riassumendo un concetto di cui tutti abbiamo fatto esperienza vedendo il Re del Pop in azione. Lui stesso aggiunse in un’intervista che «è difficilissimo spiegare il processo creativo: è qualcosa di celeste e divino che non dipende da me».

Il documentario dura due ore, ma sembrano volare, mentre scopriamo ad esempio che Scorsese non avesse la più pallida idea quando girò il video Bad che la mossa preferita da Jacko fosse “la mano sul pacco”: «Fu una grande sorpresa per me – dice ridendo, il regista italoamericano –  (prodotto dal mentore Quincy Jones che fu il grande fautore dell’epoca d’oro di Jacko e che compare in più di un video da repertorio) ma gli piaceva talmente tanto che disseminò tutto il video di quella mossa. «Scorsese scende maggiormente nel dettaglio di quel video così famoso. Volevo che fosse un dramma, che non avesse il clima surreale alla Thriller». Veniamo a conoscenza,  tra le altre cose della passione per il travestimento di Michael, che a volte desiderava così tanto mescolarsi in mezzo alla gente normale da camuffarsi e spuntare a sorpresa a casa degli amici o in qualche luogo pubblico.

Mentre sul palco dello stadio di Wembley canta Man in the Mirror di fronte a una folla adorante si sovrappongono le immagini di tutti i suoi più intimi collaboratori dell’epoca con gli occhi accecati dalle lacrime, mentre ricordano dove si trovavano nel momento in cui hanno saputo che Michael era morto; ed è impossibile non commuoversi con loro, ricordando un uomo – un ragazzo, in realtà – che a prescindere da qualunque considerazione sulla sua essenza freak, suscitava tenerezza in chiunque ne ascoltasse la voce timida e quasi terrorizzata, ma anche profondissima ammirazione per l’uomo che possedeva un talento quasi divino.
«Sembrava provenire da un altro pianeta»  detto a termine conferenza Lee.

 

(Foto Getty Images)

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