Venezia 73, Denzel Washington: «Abbiamo giocato ai cowboy e siamo stati anche pagati»

La star in compagnia del suo compare sullo schermo Chris Pratt e del regista de I magnifici 7 Antoine Fuqua ha divertito la stampa accorsa alla conferenza stampa ufficiale del film

Arrivano al festival leggermente annebbiati dal jet leg, ma accolti da applausi festosi. Hanno appena presentato I magnifici 7 (qui la nostra recensioneal Festival di Toronto e si sono catapultati qui. A presentare il film, che è stato accolto dal pubblico con grande entusiasmo, sono approdati sul Lido Chris Pratt, Denzel Washington e il regista Antoine Fuqua.

Le due star sono una bella ventata d’aria fresca, pimpanti e allegri, hanno voglia di scherzare con i giornalisti in sala. Ecco cosa hanno detto.

I magnifici 7 presenta una figura femminile molto audace, anche voi pensate che le donne salvino gli uomini. Cosa ne pensate del Girl Power?

Chris Pratt: «Io penso che la figura femminile del film sia moderna come la nostra versione del western classico. In questo senso vi aderisce perfettamente, perché gli uomini vengono continuamente salvati dalle donne. Io sono assolutamente per il Girl Power (e lancia un gridolino!)».

Sognavate di fare i cowboy da bambini? Quali film del genere della vostra infanzia vi hanno segnato di più?

Denzel Washington: «A dir la verità, essendo figlio di un pastore (pentacostale, ndr), non potevo andare al cinema. Certo, ho visto il re dei re, I dieci comandamenti, ma a parte Bonanza non ho mai visto un western prima di una certa età. Sicuramente ho giocato ai cowboy e agli indiani, e non ricordo bene quale fossi dei due, Per cui quando Antoine mi ha detto che io avrei dovuto fare un cowboy nero, tutto vestito di nero, con un cavallo nero, mi sono davvero sentito come un bambino che gioca e per giunta ci hanno pagato…».

Chris Pratt: dapprima si stranisce come se lui non avesse ricevuto un compenso e poi dice: «Vuoi dire in cibo, che ci hanno pagato in cibo… Sicuramente Sergio Leone e i suoi spaghetti western sono un punto di riferimento per il genere. Mi sono innamorato di Il buono, il brutto e il cattivo; Per un pugno di dollari; C’era una volta in America. Fare il cowboy è proprio un sogno che qualsiasi bambino coltiva. Io, però, i film di Leone li ho visti negli ultimi sette anni e sono contento di essere approdato a farne uno».

Antoine Fuqua: «Ovviamente, il nostro modello di riferimento fondamentale è stato I sette samurai, ma Leone è imprescindibile. prima che arrivasse lui a rivoluzionare il genere c’erano dei canoni molto stretti, come ad esempio che il buono dovesse indossare il cappello bianco, dopo di lui il buono poteva anche essere cattivo e addirittura senza nome».

Dei vostri personaggi non viene  raccontata la backstory, ma voi ve ne siete costruita una?
D.W.:  
«A volte un personaggio può anche non averla. Per esempio, del mio personaggio in Man on fire mi si disse solo che aveva fatto delle cose che neppure Dio avrebbe potuto perdonare, ma nient’altro».

Che cosa ha significato avere la musica di James Horner che è morto pochi mesi fa?

A.F. : «È un grandissimo che ormai non c’è più. Prima di morire ha scritto sette canzoni per il film, perché voleva farmi una sorpresa. Era un uomo piccolo e tranquillo che raccontava storie attraverso la musica. Per questo era così speciale, perché sapeva emozionare il pubblico. Era magico».

Nel film il suo personaggio (la domanda è per Pratt) compie un sacrificio estremo, lei sarebbe altrettanto coraggioso? Lei ha un eroe?

C.P. : «Beh, non credo che sarei così coraggioso nella stessa circostanza. Faraday cerca una redenzione, un riscatto, perché si sente in colpa. Per me gli eroi sono quelli che sono disposti a sacrificarsi per il bene della comunità e della patria, come mio fratello che fa il poliziotto. Questi sono i primi eroi che mi vengono in mente».

Come vi siete preparati fisicamente al film? E per lei (sempre per Pratt) è stato più difficile avere a che fare con i cavalli, i dinosauri o i procioni?

 C.P. : «Sicuramente i cavalli sono più impegnativi dei dinosauri animati, Li consideravo una specie di motociclette e ci ho messo un po’ a capire perché, pur dandogli certi comandi, mi ritrovassi col culo a terra».

D.W.: «A me mancherà il mio cavallo».

Signor Fuqua, il fatto di aver inserito attori di etnie diverse è un modo per rendere più realistico il West di allora rispetto all’originale dove i protagonisti sono tutti bianchi?

A.F. : (il regista ha già litigato molto anche a Toronto su questa questione«NO!».

D.W.: (interviene e amplia il discorso«Sicuramente la composizione etnica del film rispecchia molto di più il 1874 di allora rispetto al film precedente. Noi oggi lo chiamiamo genericamente West, ma allora era la frontiera e gli uomini e le donne che la attraversavano dovevano sapersi difendere con la pistola. C’era paradossalmente più uguaglianza qui che nel Sud dell’America».

Lei (l’intervistatore si rivolge a Washington) si è sempre distinto anche per la sua condotta morale. Vuole parlarcene?
D.W.
: «Per me è fondamentale. Se faccio qualcosa di sbagliato, chiedo perdono. E quando scelgo un copione e un regista porto me stesso e il mio modo di essere sul set. Questo per me fondamentale, ancora di più del lavoro stesso dell’attore e sono felice che venga riconosciuto».

Venezia 73, tutto il festival su Best Movie. Le recensioni dei film e i disegni di Zerocalcare

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA