300: L’alba di un impero: la recensione di Silvia Urban

Può esistere un sequel di 300 senza Gerard Butler? La risposta è sì, anche se la sua assenza si paga. Perché oltre ai muscoli c’era di più; ad esempio un carisma che Sullivan Stapleton (nel film è il generale ateniese Temistocle), suo erede, non riesce a replicare, tanto da rendere necessario l’intervento decisivo di una donna.
Se il primo episodio era muscolare e prettamente maschile, questo sequel apre infatti anche al genere femminile, grazie alla ritrovata presenza di Gorgola vedova di Leonida, interpretata ancora da Lena Headey, e voce narrante dell’intera vicenda – e soprattutto della new entry Artemisia, colei a cui inizialmente era dedicato il titolo del film, a sottolineare l’importanza strategica del personaggio. E della sua interprete, Eva Green, tanto agguerrita quanto magnetica (le si perdonano pure la calza a rete e gli stivali esibiti in battaglia, un tantino anacronistici).

Per inquadrare 300: L’alba di un impero va detto che si tratta di una storia di vendette; plurale, perché l’uccisione del re di Sparta su cui si chiudeva 300 è solo l’ultimo tassello di una più complessa trama di relazioni. Il film non riparte infatti dalla morte di Leonida (o almeno non completamente), ma si sviluppa parallelamente all’impresa dei 300, salvo poi rievocarne il sacrificio e chiudersi sullo scontro decisivo volto a renderne giustizia. Mentre Serse (riconfermato nel ruolo Rodrigo Santoro) invade la Grecia via terra, passando dalle Termopili, la sua flotta, guidata da Artemisia, muove infatti contro l’esercito greco di Temistocle. Il perché viene chiarito nella prima parte della pellicola, dove sono condensati una serie di flashback volti a mostrare l’antefatto che ha portato all’odio tra il re persiano e il leader ateniese, e il livore che anima Artemisia dall’infanzia, quando la Grecia – sua terra natale – tradì lei e la sua famiglia; fu re Dario di Persia a salvarla, prendendola sotto la sua ala, e a farne uno dei suoi comandanti più spietati. Ed è sempre in una singola sequenza che si racchiude il passato di Serse – dalla morte del padre Dario alla successione al trono, fino alla trasformazione in dio – come già reso noto da Frank Miller in Xerxes, la graphic novel da cui trae ispirazione questo sequel. Che, oltre alla perdita dell’icona Gerard Butler, paga anche lo scotto di non essere più un unicum all’interno del panorama cinematografico.

Il regista Noam Murro, subentrato al posto di Zack Snyder (che è rimasto in veste di sceneggiatore e produttore, ma ha rinunciato alla regia causa sovrapposizione con la lavorazione di L’Uomo d’Acciaio) si è mantenuto fedele allo stile visivo imposto dal predecessore, scegliendo però di alzare la quantità di sangue versato e di scendere direttamente in campo per lasciare che lo spettatore venga inondato di schizzi. Complici un 3D parecchio efficace, le numerose inquadrature in soggettiva, la slow motion seguita da repentine accelerazioni (tecnica un po’ troppo reiterata nell’economia del film) e l’escamotage (anche questo fin troppo abusato) di macchiare l’obiettivo della macchina da presa. Murro gioca con la rabbia dei personaggi per premere l’acceleratore sul versante dell’azione: rispetto al precedente film, le battaglie si moltiplicano e acuiscono, facendosi ancora più spettacolari, grazie al mare (ricreato interamente in digitale), terreno di battaglia insidioso e imprevedibile.

Laddove a parole non si riesce a ritrovare la dimensione epica di 300 (il grido di incitamento di Temistocle non è paragonabile a quello di Leonida), né si può far leva su altri temi collaterali (vedi il rapporto padre-figlio, presente nel primo episodio e riproposto anche qui), si punta sulla potenza visiva delle immagini. E da questo punto di vista Murro fa centro. Memorabili – solo per citarne alcune – il bacio sulla bocca di Artemisia alla testa mozzata di un uomo da lei stessa decapitato; la scena di sesso – quasi sadomaso – che vede coinvolta la guerriera persiana e Temistocle, sedotto affinché si allei con lei; e ancora il contrattacco esplosivo (letteralmente) dell’esercito di Serse, dopo una serie di clamorose sconfitte. Un concentrato di eroismo, azione e Storia, che avrà anche perso l’effetto sorpresa e novità, ma riserva comunque uno spettacolo di qualità.

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Mi piace
La dimensione spettacolare del film: ancora più action e splatter del primo capitolo, e con una Eva Green magnetica.
Non mi piace
La reiterazione di certe inquadrature e soluzioni registiche.
Consigliato a chi
Ai fan di 300 e di Frank Miller: lo stile visivo è lo stesso.
Voto: 4/5

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