Barriere

Un piccolo cortile come luogo cardine della narrazione, personaggi contati sulle dita di una mano, dialoghi a valanga sparati come pallottole di un mitra: forti, infiniti, senza sosta. Fin dai primi minuti, Barriere palesa la sua provenienza dal teatro (e in particolare, dall’omonima opera del Premio Pulitzer August Wilson), scegliendo la rigidità piuttosto che l’enfasi. Guai, però, a confonderlo per del teatro filmato: a dettare il battito del dramma, qui, è proprio l’unica cosa che il cinema ha più del palcoscenico, ovvero il montaggio.

È con i tagli e gli stacchi che Denzel Washington trova il dinamismo del proprio racconto, in quei passaggi veloci di primi piani tra i suoi attori, nel loro scambiarsi reazioni e repliche, nei litigi interrotti dal silenzio, da un pianto o da un’ellissi. Il tutto, con l’invidiabile compostezza di un regista consapevole che il modo più efficiente per valorizzare il lavoro di Wilson è puntare dritto alla sua durezza paralizzante, senza fronzoli ed espedienti retorici. Il regista limita i movimenti di macchina e l’uso della colonna sonora, focalizzando la propria attenzione al testo, al ritmo e agli interpreti, le cui discordie hanno il medesimo pathos di un incontro di boxe: 4 angoli a demarcare il ring, il fuoco che divampa di spasmo, le parole che colpiscono con dolore.

Lui, Denzel, si mangia ogni singola scena col suo possente carisma, indossando con nuda asciuttezza i panni di un uomo odiosissimo ma anche profondamente empatico, vittima di se stesso e perdente disilluso. E poi c’è lei,Viola Davis, qui in una delle performance più intense della stagione, di quelle che bucano lo schermo virando dritto al cuore per poi lacerarlo. I due si completano con incommensurabile alchimia, esemplari memorabili di una struggente umanità in cerca di emancipazione tra i fragili vicoli dell’esistenza. Sullo sfondo, una vecchia canzone su un cane: Blue è il suo nome, come la tristezza.

Mi piace: Il battere sottile eppur palpitante del ritmo. Le gigantesche performance di Denzel e Viola

Non mi piace: L’epilogo manca un po’ di incisività

Consigliato a chi: Vuole assistere a una masterclass di recitazione e asciuttezza registica

Giudizio: 4/5

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