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Che cosa aspettarsi quando si aspetta: la recensione di Gabriele Ferrari

Che cosa aspettarsi quando si aspetta (sottinteso: un figlio)? Nausea, sbalzi d’umore, voglie improvvise di cioccolato, smagliature. E poi litigi sul nome da dare al figlio, sull’educazione da impartirgli, sulla marca di pannolini da comprare. Ma anche, perché no, relazioni che si rinsaldano, l’amore che si riaccende, legami familiari che si rinforzano. Insomma, tutto l’armamentario classico che accompagna l’attesa per il giorno più importante nella vita di due genitori, quel momento magico in cui ogni problema, ogni dolore, ogni preoccupazione viene spazzata via dal pianto di un neonato.

Questi concetti, infiocchettati e approfonditi fino all’eccesso, sono il centro di Che cosa aspettarsi quando si aspetta, (prima) manuale di self-help per mamme yankee in crisi scritto da Heidi Murkoff e Sharon Mazel nel 1984, nonché (ora) film firmato Kirk Jones (Tata Matilda) che racconta le storie quasi-convergenti di cinque coppie più o meno in dolce attesa. Una commedia corale sulla scorta di prodotti come Capodanno a New York, con l’inevitabile cast di superstar e le altrettanto inevitabili banalità di sceneggiatura e regia. C’è la coppia di celebrities (Cameron Diaz e Matthew Morrison) costretta a fare i conti con l’arrivo di un bambino, quella di artisti-con-moglie-sterile (Jennifer Lopez e Rodrigo Santoro) che vola in Africa per adottare, gli sposini “normali” (Elizabeth Banks e Ben Falcone) con suoceri bizzarri (Dennis Quaid, 58 anni, e Brooklyn Decker, 25, fate voi i conti), i due adolescenti vittima del preservativo bucato (Anna Kendrick e Chace Crawford). Tutti sconvolti dall’imminente arrivo di un figlio, tutti seguiti, sketch noioso dopo sketch noioso, dalla confusa telecamera di Kirk Jones, la cui presa sul concetto di “film corale” è quantomeno vaga.

E così si saltella con abbondante soluzione di continuità da una vicenda all’altra, da un parco a un drive-in a una libreria per ragazzi a un chiosco di hamburger senza avere mai il tempo di conoscere davvero i personaggi, ma passando con loro abbastanza tempo da odiarne ogni tic e ogni attacco d’isteria. Perché non esistono personaggi ma caricature, nel mondo di Che cosa aspettarsi…: mamme isteriche che dicono cose imbarazzanti di fronte a una platea, figli imbranati e padri strafottenti, artistoidi che non riescono neanche a decidere se far crescere il figlio ebreo o cristiano, padri che si riuniscono in un improbabile “club dei padri disperati” per discutere di tutte quelle cose che non possono menzionare di fronte alle mogli. È una struttura narrativa che soffre di ADHD, per niente aiutata da un gruppo di attori annoiati (nei casi migliori) o incompetenti (nei peggiori, per fortuna rari).

Si ride poco e ci si commuove ancora meno. Ma il problema più grosso di Che cosa aspettarsi quando si aspetta, che potrebbe respingere molti potenziali spettatori, è la sua natura smaccatamente ideologica. Non c’è niente di male a girare un film pro-life e pro-marriage (SPOILER: l’unica coppia che perde il bambino è quella che ha concepito durante una notte peccaminosa e non all’interno del sacro vincolo del matrimonio), ma che almeno si abbia il coraggio di non nascondere la mano dopo aver gettato il sasso. E così, dietro la facciata di commedia garbata per tutta la famiglia si scopre, guardando con più attenzione, un film profondamente conservatore e retrografo, quasi aggressivo nei confronti di chi non si adegua alla regola dello “sposarsi e avere figli”. Comprensibile se si pensa che il libro risale agli anni Ottanta, ma allora perché non aggiornarlo almeno in parte?

Semplice: perché Che cosa aspettarsi quando si aspetta è un tie-in, fatto per lucrare su un bestseller e che di questi prodotti ha tutti i difetti: pigrizia, svogliatezza, zero personalità. Da vedere solo se volete convincervi che è giunto il momento di diventare genitori.

Leggi la trama e guarda il trailer

Mi piace
Poco o niente: forse giusto la prestazione di Anna Kendrick, che è sempre comunque deliziosa ovunque compaia.

Non mi piace
La scrittura banale, la regia anonima, la narrazione confusa e senza ritmo: un po’ tutto, insomma.

Consigliato a chi
Non è ancora convinto di voler fare un figlio e cerca conferme.

Voto: 1/5

 

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