Falchi

Peppe (Fortunato Cerlino) e Francesco (Michele Riondino) sono due amici che prestano servizio presso la sezione speciale della Squadra Mobile di Napoli i cui membri sono chiamati Falchi. Dei poliziotti addestrati in maniera serrata per sostenere da vicino le indagini sulla criminalità organizzata, ma anche per fiondarsi repentinamente sui crimini che quotidianamente vengono consumati tra le strade di Napoli, più che mai bisognose del loro intervento rapace e tempestivo.

È proprio da tale urgenza necessaria nel loro operato che deriva il soprannome di questi militari, ma l’alto tasso di rischio e di impegno è fronte per entrambi di scompensi emotivi, psicologici, relazionali: Peppe è un solitario che cova in segreto le proprie pulsioni, non ha una famiglia e si dedica ad addestrare cani da combattimento, un’occupazione rabbiosa nella quale sfoga ed esprime tutto se stesso e, probabilmente, la sua parte più privata. Francesco, invece, rattoppa come può la depressione che lo affligge facendo un uso smodato di droghe e psicofarmaci, che per forza di cose lo rendono instabile e fragilissimo. Quando il loro capo, il dottor Marino (Pippo Delbono) si suicida, gli equilibri di Peppe e Francesco andranno ancor più in frantumi.

Il regista Toni D’Angelo, figlio del cantante Nino, autore delle musiche del film, fornisce una rilettura del poliziesco influenzata per forza di cose dal piccolo schermo televisivo e in particolare da Gomorra. La serie tv, evocata indirettamente a mo’ di convitato di pietra per via dell’ingombrante presenza di Fortunato Cerlino, interprete di Don Pietro Savastano , è presente come fonte di ispirazione anche per delle evidenti e precise modalità di rappresentazione dello spazio urbano e degli scontri a fuoco, che Falchi tenta di emulare . Lo sguardo del regista, che alle spalle una formazione di genere e un praticantato alle soglie del noir al fianco di Abel Ferrara, vira verso la messa in scena serrata e muscolare delle vicende dei due personaggi, lavorando soprattutto sui muscoli del comparto tecnico, dove spicca la fotografia notevole di Rocco Marra e il montaggio secco ed efficace di Marco Spoletini, entrambi al servizio della causa in maniera calzante.

Rispetto al poliziottesco all’italiana, chiamato in causa direttamente in una scena attraverso Milano Calibro 9 che passa su una tv, l’artigianato di D’Angelo è tutt’altro che pauperista o essenziale, volutamente approssimativo e di pancia. Pare piuttosto declinato secondo degli schemi a più alto tasso tecnico, dove il dispendio delle singole maestranze è piuttosto evidenziato e la confezione prova costantemente ad alzare il tiro e a mostrare i muscoli, per dimostrare di poter rivaleggiare a dovere coi modelli americani e non solo. La visceralità delle intenzioni, doverosa per un film con alla sua base simili prerogative, non manca, ma un eccesso di consapevolezza frena in buona misura la spontaneità dell’insieme.

La dimensione di genere, che di per sé sarebbe stata abbastanza legittimata dal buon mestiere di D’Angelo, si incrina purtroppo per via di qualche ambizione mal dosata e di alcune corde drammatiche piuttosto fuori misura e fuori registro rispetto al tracciato dell’operazione. I personaggi non sono infatti sufficientemente strutturati per consentire a Falchi di compiere un salto simile e le svolte più ambiziose, in termini di silenzi e passaggi più riflessivi, tradiscono un po’ il loro fiato corto. L’approccio di D’Angelo è comunque generoso e coinvolto, sia coi movimenti di macchina, che sono molteplici, che col lavoro sui personaggi e sugli ambienti di una Napoli piovosa e maledetta. Le apparizioni di Stefania Sandrelli e Pippo Delbono completano l’elenco degli interpreti.

Mi piace: l’onesta e la secchezza della confezione di genere, valorizzata da un ottimo comparto tecnico

Non mi piace: qualche forzatura drammatica e alcune ambizioni fuori misura di cui il film si fa carico

Consigliato a: i fan di Gomorra – La serie e di Fortunato Cerlino, ma anche a chiunque sia in cerca di un film sulla polizia dirompente e non retorico, sulla scia di ACAB – All Cops Are Bastards di Stefano Sollima

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