Hunger Games: la recensione di annagi_

Narra il mito che ogni nove anni l’antica Atene dovesse inviare a Minosse, re di Creta, sette ragazzi e sette ragazze perché fossero mandati nel Labirinto e divorati dal mostruoso Minotauro, finché Teseo non riuscì ad ucciderlo. Nel futuro post-apocalittico di Hunger Games la storia si ripete. Lo stato di Panem è sorto sulle ceneri di quelli che un tempo erano gli Stati Uniti e comprende la sfavillante ma ipocrita capitale Capitol City, sede del governo autoritario, e i dodici distretti ad essa assoggettati in povertà e miseria. Ogni anno in ogni distretto vengono scelti a sorte un ragazzo e una ragazza tra i 12 e i 18 anni, perché partecipino agli Hunger Games. Questo crudele reality show, giunto alla sua 74° edizione e istituito come monito della superiorità del regime, consiste in una sfida letteralmente all’ultimo sangue tra i 24 adolescenti costretti a uccidersi fra loro finché uno solo rimarrà in vita, sotto gli occhi impotenti dei famigliari, telespettatori obbligati. I “tributi” per il distretto 12 sono Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence), offertasi volontaria al posto della sorellina Primrose, e Peeta Mellark (Josh Hutcherson), figlio del fornaio. I due ragazzi vengono strappati alla loro vita quotidiana e condotti a Capitol City perché si preparino a ciò che li attende. Affiancati dal loro mentore Haymitch (un ottimo Woody Harrelson), Katniss e Peeta non solo affrontano l’addestramento fisico, ma vengono anche sottoposti a quella che è una vera e propria operazione pubblicitaria. Per sopravvivere e trionfare agli Hunger Games , infatti, è fondamentale piacere e conquistare sponsor. È anche questo, oltre all’abilità con l’arco e alla determinazione, che permetterà a Katniss di superare ogni prova a cui verrà sottoposta, riabbracciando così la madre, la sorellina e l’amico Gale (Liam Hemsworth).
È questo il mondo di Hunger Games tratto dal primo romanzo della trilogia creata da Suzanne Collins, la quale ha mixato elementi del mito e della storia antica (è chiara l’ispirazione ai giochi gladiatori e il rimando al “panem et circensem” di Giovenale) con scenari post-apocalittici, a cui ci siamo abituati grazie al 1984 di Orwell e al capolavoro cinematografico tratto dal graphic novel di Alan Moore V per Vendetta. Il tutto retto dal riferimento ai moderni reality show, che insieme ai notiziari di guerra hanno fornito all’autrice l’ispirazione per questa tragica realtà futura. Hunger Games si fonda quindi su solide basi capaci anche di richiamare l’attenzione sui problemi e sui mutamenti della nostra società, spesso assetata di vita e tragedie altrui. La gente ha bisogno di credere, credere in qualcosa che porti speranza e rivincita, che porti un’aria di positivo cambiamento. E Katniss rappresenta tutto questo.
Ma Hunger Games è un ottimo film anche dal punto di vista tecnico e artistico. Le capacità registiche e sceneggiatoriali di Gary Ross contribuiscono a rendere l’intera vicenda così appassionante e ricca di suspense da non accorgersi nemmeno delle oltre due ore passate in sala. Si viene trasportati nella desolazione dei distretti, nella futuristica Capitol City con i suoi colorati e superficiali abitanti, nell’arena/foresta in cui il massacro si compie, senza mai staccare gli occhi dallo schermo. Gran parte del merito va alla talentuosa Jennifer Lawrence (nomination all’Oscar a soli 19 anni per Un gelido inverno), circondata da un cast altrettanto valido e ricco di grandi nomi: Donald Sutherland che presta il suo volto al presidente di Panem; un memorabile Stanley Tucci con i capelli blu, nei panni dell’istrionico presentatore Caesar; un quasi inedito ma molto convincente Lenny Kravitz nella parte di Cinna, stilista personale di Katniss, che la renderà “qualcosa di indimenticabile” vestendola di fuoco. Una menzione speciale va poi al reparto trucco che ha dato vita ad un make-up realmente degno di nota, che ben evidenzia il contrasto tra i diversi ceti sociali. Unica nota negativa al film è l’eccessivo impiego della telecamera a mano che, nonostante favorisca l’immedesimazione dello spettatore nel continuo stato di tensione della storia, talvolta si trasforma in arma a doppio taglio risultando insistente e disorientante. Poteva inoltre essere maggiormente approfondita la psicologia dei vari personaggi secondari. In conclusione però, Hunger Games passa l’esame, confermandosi non solo come fenomeno mondiale del momento, ma anche come buon prodotto cinematografico. E laddove in molti lo hanno salutato come il nuovo Twilight, si prepara in realtà ad essere qualcosa in più. Attendiamo quindi il secondo capitolo consigliando, a chi non la avesse ancora visto, questo emozionante e coinvolgente mix di action, fanta-politica, ribellione, amore e amicizia. Voto 4/5.

© RIPRODUZIONE RISERVATA