Il luogo delle ombre: la recensione di Mauro Lanari

[Edit] Che scempio e che scempiaggine. Un film intriso di spiritismo condannato sulla carta dal Magistero della Chiesa per un divieto biblico della legge mosaica (Deuteronomio 18, 11; Levitico 19, 31; 20, 6; Isaia 8, 19; 1Cronache 10, 13-14; 1Samuele 28), ma in pratica accettato per realpolitik religiosa sin dai tempi dell'”Harry Potter” cartaceo. “Certamente, infatti, la nuova religiosità – pur con tutta la cautela del caso – è de facto un passo diverso su quel cammino della secolarizzazione che sembrava essere già perfettamente pianificato a priori, nonché dato per inarrestabile e inevitabile, appena ieri. Un passo indietro, magari. O – il che è più adeguato ai fatti e più vero in essenza – un passo verso l’alto… A volte, il bicchiere mezzo vuoto è meglio vederlo come mezzo pieno” (Marco Respinti, http://corneliu.tripod.com/c256_a05.htm). Dett’altrimenti, meglio il sincretismo che l’ateismo. E così lo sdoganamento ecclesiastico di magia, medium, channeling, poltergeist, ecc. diviene un dato conclamato. Via libera a “Ghost”, “Il sesto senso”, “Constantine”, di cui la saga d'”Odd Thomas” non è che l’ormai obbligatoria versione teenagerizzata. Vero che su RT ha sol’il 35%, vero che Anton Yelchin è il ragazzo giusto per il ruolo principale mentr’Addison Timlin sarà fotogenica ma gl’arriva a metà anche con le zeppe da 12 cm, vero che Dafoe è sottutilizzato, vero che la storia scorre veloce e brillante quanto frettolos’e superficiale, vero che i dialoghi spumeggianti son’affossati dalla voice over ch’alla lunga sfianca, ma ciò che trovo più insopportabile è l’escamotage codino di sfruttare un protagonista con capacità extrasensoriali per affrontare il paranormale come cavallo di troia dell’ultraortodossa fede nel soprannaturale. Altro che satanismo, insomma.

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