Il traditore: la recensione di Mauro Lanari

Didattica e onirica o “incubatica” (sic), è questa la cifra stilistica di Bellocchio (dopo Fagioli?), spesso efficace, a volte ripetitiva. Per la parte didattica e considerando anche la lunghezza del film, forse sarebbe stato più consono un format televisivo, se non rosselliniano, almeno quello a puntate di Sorrentino. Per l’ideologia alla base, la fase post-iconoclastica dei “I pugni in tasca” (1965) insiste nel distinguo tra modelli familiari cattivi e buoni, Riina contro Buscetta e ovviamente gl’altri contr’il clan Bellocchio: al figlio Pier Giorgio il padre dedica progressivamente un numero sempre maggiore d’inquadrature, primi piani, linee di dialogo, sin’a renderlo l’unico affine a Favino, quas’il successore di Falcone. Mah.

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