La La Land: la recensione di aleotto83

Si va al cinema per distrarsi dalla vita, per lasciare fuori dalla sala i problemi ed i fastidi della giornata, e fortunatamente alcuni film hanno il potere di illuminare anche l’umore più cupo.
L’effetto della visione di “La La Land” è proprio questo, un’immediata e colorata ricarica di gioia di vivere a base di musica e romanticismo eclettico.
Il giovane regista Damien Chazelle, classe 1985, ha saputo realizzare il film dell’anno e degli anni a venire, un classico istantaneo che rivitalizza il genere musical e che sta facendo incetta di premi a livello internazionale, puntando alle categorie più prestigiose degli imminenti Academy Awards.

Nel traffico di una superstrada assolata di Los Angeles, l’aspirante attrice Mia e il musicista squattrinato Sebastian sognano di realizzarsi attraverso le proprie passioni ma scontrandosi con la dura realtà; quando però si incontreranno, dopo un’iniziale antipatia scatterà la scintilla d’amore che darà ad entrambi la motivazione per farcela davvero.
E, almeno per un po’, la loro vita sarà davvero una favola, con balli coreografati in mezzo alla strada e canzoni romantiche che nascono e crescono spontaneamente nel bel mezzo di scene di quotidiana convivenza.
C’è poco da raccontare, perché a volte le parole non riescono a rendere bene l’idea, specialmente se c’è di mezzo il coinvolgimento emotivo che solo la musica sa creare: e “La La Land” è un sogno cantato e ballato, un invito ad inseguire le proprie aspirazioni a discapito di tutto il resto, una storia d’amore travolgente con due protagonisti affiatatissimi, una dedica ammirata ai vecchi classici della Hollywood anni ’40 e ’50.

Le ispirazioni e gli omaggi all’epoca d’oro della “città delle stelle” sono più che evidenti, con colorati balletti di gruppo in stile “Cantando Sotto la Pioggia”, che viene citato esplicitamente da Gosling/Sebastian quando gira attorno al lampione, pochi minuti prima di iniziare a ballare un involontario tip tap con l’impegno di un novello Gene Kelly o Fred Astaire.
Il cantare un po’ imperfetto ma sincero di Emma Stone ricorda da vicino Audrey Hepburn che accennava “Moon River” nel film “Colazione da Tiffany”, sequenze di “Gioventù Bruciata” colme di passioni giovanili (e dell’immortale James Dean) si mescolano a immagini contemporanee dell’osservatorio Griffith di L.A., che ospita all’interno del proprio planetario la scena più onirica della pellicola.
Anche le inquadrature e i movimenti di macchina di Chazelle richiamano i classici dell’epoca d’oro del cinema, ma senza tagli o montaggio invasivo, risultando così freschi e coinvolgenti; inoltre l’uso dei colori pastello e le irruzioni musicali nelle situazioni di tutti i giorni sono direttamente ispirate dai capolavori della Nouvelle Vague francese ed in particolare al film “Les Parapluies de Cherbourg” del 1964.
Più o meno espliciti sono anche gli omaggi che il regista fa al classico “Casablanca” all’interno di più scene, come il poster gigante col volto di Ingrid Bergman che Mia ha in camera, oppure il riferimento di Sebastian alla finestra di Bogart negli studi Warner, per tacere delle analogie col finale.

L’unico effetto speciale di cui questo splendido film si avvale per incantare il pubblico è il rapporto tra Mia e Seb.
Gli splendidi protagonisti di “La La Land” non sfigurano affatto accanto agli innamorati più famosi della storia del cinema: Ryan Gosling ed Emma Stone, alla loro terza storia sullo schermo dopo “Crazy Stupid Love “ e “Gangster Squad”, hanno una chimica meravigliosa che li fa risultare credibili sia nell’iniziale flirt dispettoso (la divertentissima scena della festa in piscina stile anni ’80), che nell’amore folle non privo di difficoltà (la cena a sorpresa che finisce per saper di bruciato, in tutti i sensi).

Ma nel loro caso non è solo una questione di recitazione, perché salta proprio agli occhi il profondo impegno che entrambi hanno messo nei propri ruoli, nel ballo come nel canto genuino e mai impostato; se la Stone, che in pochi anni si è affermata grazie al proprio talento, non è mai stata così brava e completa come in questo film, sembra incredibile pensare che Gosling non sapesse suonare il piano prima di ottenere la parte del pianista jazz!

Come nel sorprendente “Whiplash”, piccolo gioiello a basso budget che un paio di anni fa era in lizza come miglior pellicola a fianco di superproduzioni del calibro di “Birdman”, “Selma” e “La Teoria del Tutto”, anche in “La La Land” il genere jazz ha un ruolo fondamentale grazie alla passione del protagonista maschile che ambisce ad aprire un club tutto suo, in cui si suoni solo buona musica; il divo canadese, per essere credibile al pianoforte, si è dovuto esercitare intensivamente per mesi e mesi e alla fine, proprio come il suo personaggio, era letteralmente ossessionato da un brano di Thelonius Monk.

L’altra metà del cielo musicale della città delle stelle di Chazelle sono ovviamente le potenti e nostalgiche partiture orchestrali del compositore Justin Hurwitz, automaticamente candidato agli Oscar per la miglior colonna sonora e per ben due canzoni originali: la suadente “City of Stars”, cantata in coppia da Gosling e Stone, e l’emozionale “Audition (The Fools Who Dream)”, in cui la brava Emma dà prova di tutta la propria gamma emotiva.
Ascoltando le magiche melodie portanti di questo musical si immagina che dietro ci sia un maestro navigato ed invece anche Hurvitz è poco più di un ragazzo, proprio come il regista, di cui è amico inseparabile fin da quando erano compagni di stanza al college, ed ha composto le colonne sonore soltanto di entrambi i suoi lungometraggi precedenti.

Parlando di riconoscimenti artistici, il terzo film da regista e sceneggiatore del trentaduenne Damien Chazelle ha già ottenuto la bellezza di 148 singoli premi, tra cui sette Golden Globes, ed è pronto a sbarcare alla notte degli Oscar forte di 14 nomination (lo stesso numero, per capirci, di colossi come “Titanic” ed “Eva Contro Eva”) per miglior film, miglior regia, sceneggiatura originale, miglior attore ed attrice protagonisti, colonna sonora, due candidate a miglior canzone, miglior fotografia, montaggio, costumi e sonoro.
Ci sono in gara altri film molto belli e meritevoli quest’anno, ma nessuno di quelli che ho visto finora ha la capacità di incantare come fa “La La Land”.

Sono a conoscenza delle critiche preventive che si potrebbero muovere a questo tipo di operazione: si rifà ad un genere poco appetibile per il pubblico come il musical, per di più non adattato da qualche serioso spettacolo di Broadway, ed è pieno zeppo di cliché e romanticherie assortite.
Ma non date retta a me: se il sottoscritto non fa testo, perché mi lascio emozionare facilmente fino alla commozione dalla magia del cinema, ho alcuni amici insospettabili, non certo avvezzi al facile entusiasmo, che sono ufficialmente impazziti per questo film, arrivando persino a tornare a rivederlo al cinema una seconda volta dopo pochi giorni dalla prima visione!
“La La Land” sa conquistare perché mescola sequenze musicali come quelle dei vecchi musical alle amarezze della realtà moderna, per spazzare via queste ultime grazie alla fantasia e al romanticismo: scene corali come il prologo sulla superstrada, con ragazzi e ragazze che scendono dalle auto e iniziano a ballare cantando “Another Day of Sun”, trasmettono una forza positiva e sono altamente contagiose.
Perché l’amore moderno può ancora far volare, e questo film fa proprio venir voglia di innamorarsi.

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