L’intervallo: la recensione di Giorgio Viaro

Napoli. Salvatore ha 16 anni e vorrebbe fare il cuoco, ma per ora campa da ambulante, vendendo granite come papà. Un giorno però, lo scagnozzo di un piccolo clan della Camorra lo porta di peso in un enorme edificio vuoto, un ospedale psichiatrico abbandonato. Deve fare la guardia a Veronica, sedici anni pure lei, incastrata lì per un giorno intero per uno sgarbo che non ci è dato conoscere e che ha fatto arrabbiare un boss. La differenza tra i due è prima di tutto fisica: Salvatore è sovrappeso, impacciato, disponibile. Veronica è bella, scontrosa, sicura di sé. La giornata li avvicinerà pian piano, attraverso la scoperta di un linguaggio e di una sensibilità comuni. Ma all’arrivo della sera, bisognerà fare i conti anche con il boss, e nessuno dei due è sicuro di come andrà a finire.

L’intervallo è stata una delle sorprese positive del cinema italiano alla Mostra di Venezia: cinema povero, realista, tutto girato tra le macerie di un vecchio edificio e costruito sull’alchimia meravigliosa dei due giovani attori non professionisti (frutto di oltre due mesi di laboratorio con un “coach” teatrale). La vita grama incombe, ma nell’intervallo di una giornata assieme i due costruiscono un castello privato di fantasie (la grotta allagata che diventa il mare), aspirazioni (il desiderio di una professione), segreti (“se potessi decidere chi muore e chi vive chi salveresti?”) espressi con un candore facile da credere e da riconoscere, intarsiato di una cultura popolare (Harry Potter, L’isola dei famosi) che è territorio condiviso, ma della cui sterilità ultima – soprattutto in quel contesto – si è comunque consapevoli (non c’è gioia nell’imitazione di Veronica dei vip del reality show, anzi).

Il rapporto tra i due ragazzi, così ben delineato, è la linea di resistenza assediata dalla realtà dei gironi infernali della malavita, che alla fine riprendono campo, spezzando il sogno e il dialogo. Finale anticonciliatorio, che non vi sveliamo, ma che amplifica ulteriormente – non sgonfia – la dimensione mitica della giornata: dentro di essa c’è molto di quello che andrebbe tutelato della gioventù, e che ogni giorno se ne va.

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Mi piace
La lezione del cinema neorealista italiano, per una volta, è interpretata a dovere

Non mi piace
Il film ingrana piano piano, anche troppo, e potrebbe perdere qualche spettatore per strada

Consigliato a chi
A chi cerca un ritratto non stereotipato dell’adolescenza

Voto: 4/5

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