Maleficent: la recensione di Silvia Urban

Andare a scomodare un personaggio tanto iconico, per provare a spiegarlo, è un’operazione certamente coraggiosa ma anche rischiosa. Maleficent, rilettura live action di uno dei villain Disney più amati di sempre, nasce da una domanda: perché Malefica è così cattiva?
A rispondere è innanzitutto Angelina Jolie, protagonista assoluta del film. Angelina recita. Angelina produce. Angelina è Maleficent.
A guidarla in quest’universo fantasy è Robert Stromberg, primino della macchina da presa (è il suo debutto alla regia) ma ampiamente a suo agio in quei mondi che nel corso della sua carriera ha contribuito a creare e in cui si è immerso, portandosi a casa due premi Oscar (per le scenografie di Avatar e Alice in Wonderland).

La brughiera di Maleficent non fa eccezione. Stromberg si muove con mano esperta e – complici le molte riprese aeree e il 3D – trascina lo spettatore in un caleidoscopio di effetti speciali, irrorati di magia e colori sgargianti, e abitati da creaturine fantastiche di ogni forma e aspetto. Uno spettacolo – è il caso di dirlo, sebbene spesso non si percepisca la differenza tra i molti universi che da Avatar a La Bella e la Bestia si prolificano, simili tra loro, quasi fossero dei déja vu – in cui lo spettatore viene catapultato, accettando pure di sospendere l’incredulità: sta al gioco, ma in cambio vuole una bella storia.

Quella di Maleficent è questa: Malefica è la fata più bella e forte della brughiera, ma commette l’ingenuità di innamorarsi di un umano, Stefano, che vive nel regno adiacente e nemico. Lui a 16 anni le promette amore eterno salvo poi tradirla, posseduto com’è dal suo arrivismo. Pur di sedere sul trono le amputa le grandi e possenti ali, la sua forza. Lei giura vendetta e ad andarci di mezzo è la figlia del re, Aurora, sulla quale Malefica getta una maledizione di cui si pentirà. Perché proprio su quella «curiosa bestiolina» riverserà l’amore che Stefano non ha saputo accogliere.

Siamo in un mondo in cui di Malefica c’è traccia solo della bellezza, non della cattiveria. I primi piani insistiti sul volto della Jolie (il suo è un lavoro di sguardi più che di interpretazione) dovrebbero catturare il dolore e la rabbia, e invece dai suoi occhi presumibilmente pieni di odio sgorgano lacrime.
Aurora (la interpreta Elle Fanning) è un accessorio, una bambolina che non deve far altro che sorridere e lasciarsi baciare dal primo principino che incontra (no, in questa storia quel bacio non funziona, il vero amore è un altro). Nell’economia del film la bella addormentata è superflua. E la dimostrazione si ha quando, dopo 16 anni (praticamente da sempre), finalmente riabbraccia il padre e lui la scansa: non è il momento, deve correre a distruggere Malefica e il drago che lei ha invocato (ma questo è il minore dei problemi: bastano poche catene a chiudere la bocca dello sputafuoco).
E poi ci sono Giuggiola, Florina e Verdelia, le tre fate a cui il sovrano affida la sua bambina (ma non erano nemici?), perché la tengano lontano da colei che le ha lanciato la maledizione. Ma di fare le zie proprio non sono capaci e per sfamare una neonata pensano bene di proporle delle carote.

Più che fornire delle risposte, Maleficent solleva ulteriori interrogativi e, nel provare a giustificare l’origine del male, reinventa la protagonista. Stromberg racconta un’altra Malefica, diversa da quella che tutti conosciamo. Una Malefica mossa dall’amore più che dall’odio, che ha il volto magnetico di Angelina Jolie, mai così splendida. Poche battute e una presenza scenica che da sola basta a definire il personaggio: staccarle gli occhi di dosso è impossibile. Così come resistere alla tentazione di abbracciarla. E infatti l’Aurora duenne (alias Vivienne Jolie-Pitt) si getta ai suoi piedi in cerca di un abbraccio. Ecco, il senso di Maleficent sta lì, in quel profondo bisogno di essere amati.

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Mi piace
La costruzione dell’universo fantasy-bucolico nel quale è ambientato il film: si vede la mano e l’esperienza di Robert Stromberg. Angelina Jolie è magnetica.

Non mi piace
Alcune incongruenze della storia indeboliscono lo script e gli stessi personaggi, riducendo a macchiette tutti – o quasi – i comprimari. Persino Aurora, la bella addormentata, finisce per essere una figura secondaria, quasi accessoria.

Consigliato a chi
Ha sempre guardato con ammirazione a Malefica, sebbene qui ci si trovi di fronte a un personaggio completamente diverso da quello disneyano. A chi non ne ha mai abbastanza di universi fantasy, irrorati di magia e abitati da creature fantastiche.

Voto: 3/5

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