Moglie e marito

Pierfrancesco Favino e Kasia Smutniak si scambiano i corpi in una commedia romantica graffiante e toccante

Sofia (Kasia Smutniak) e Andrea (Pierfrancesco Favino) sono una bella coppia, anzi lo erano. Sposati da dieci anni, in piena crisi, pensano al divorzio. Ma a seguito di un esperimento scientifico di Andrea si ritrovano improvvisamente uno dentro il corpo dell’altro. Letteralmente. Andrea è Sofia e Sofia è Andrea. Senza alcuna scelta se non quella di vivere ognuno l’esistenza e la quotidianità dell’altro. Lei nei panni di lui, geniale neurochirurgo che porta avanti una sperimentazione sul cervello umano, lui nei panni di lei, ambiziosa conduttrice televisiva in ascesa.

Ma allora è possibile anche in Italia, una commedia allo stesso tempo romantica e sofisticata, leggera e affilata. A conferma di ciò e in attesa di un riscontro al botteghino che purtroppo rimane lo scoglio più duro da superare per qualsiasi film italiano che esca di questi tempi in sala, l’uscita in contemporanea di Lasciami andare con Toni Servillo e soprattutto di Moglie e e marito di Simone Godano sembra gettare una nuova ondata di speranza e positività sulla qualità della nostra scrittura comica, da troppi anni schiava di meccanismi seriali e di una pigrizia di sistema fin troppo frequente.

Nel caso dell’esordio alla regia di Godano, prodotto da Matteo Rovere (sempre più nome chiave del cinema italiano di oggi) e Roberto Sessa, Favino e la Smutniak si scambiano i corpi in una gustosa e rocambolesca romantic comedy che usa lo scontro di genere tra i due sessi come motore narrativo e drammatico, avvalendosi di buon ritmo e di un ottima caratterizzazione tanto dei due protagonisti quanto dei comprimari (spicca in particolare un delizioso Valerio Aprea, abilissimo nel lavorare gioiosamente sulle zone d’ombra del suo personaggio).

La sceneggiatura, firmata dall’attrice Giulia Steigerwalt con Carmen Danza e proposta a Godano proprio da Rovere, è un congegno a orologeria che si concede soltanto il lusso di ingranare con i suoi tempi, di soffermarsi a dovere sulle psicologie dei protagonisti che s’invertono a seguito di un esperimento di Andrea finito male prima di spingere sul pedale della satira graffiante, dell’empatia reciproca, della connessione reale.

Fatta eccezione per qualche isolata leziosità (delle enfatiche mossette femminili di Favino, i momenti catatonici della Smutniak) i due protagonisti sono entrambi perfetti e riescono a reggere in maniera sorprendente una sfida non da poco come recitare l’uno nel corpo dell’altro, con l’attore romano, in particolare, a ritagliarsi più di un momento da fuoriclasse assoluto. Non guarda a modelli stranieri, Moglie e marito, né dichiaratamente né indirettamente, e questo è forse il suo massimo pregio: va in cerca di una propria voce e di una timbrica peculiare, mai acerba e sempre originale, tra trovate notevoli (i ricordi che nonostante lo scambio si riaffacciano nella mente di entrambi, causando liti, colpi di scena ma anche nuove consapevolezze), movimenti di macchina fluidi, scelte musicali internazionali e azzeccate (spiccano Us di Regina Spektor ma anche i bellissimi brani di Andreya Triana).

Non è solo l’idea a essere high concept, dunque, ma anche la confezione: le possibilità linguistiche del progetto sono all’altezza della sua effettiva realizzazione e anche la contrapposizione tra i sessi non è immobile o convenzionale, ma produce una dialettica sana, stimolante, produttiva, capace perfino di grattare la superficie degli stereotipi di genere. Tra i buoni momenti di scrittura, in particolare, il monologo finale di Sofia in tv (ma a parlare è, in realtà, Andrea…) sulle donne da copertina e le ipocrisie di massa sulla rappresentazione e la fruizione della femminilità, a più livelli e in diversi ambiti. Un escalation da applausi, che fa da preludio a un ottimo finale sospeso tra tenerezza e malinconia, apice di un film incentrato sullo specchiarsi in qualcun altro, fluido e naturalistico esattamente come i suoi dialoghi, che sembrano il più delle volte realistici e serrati, non certo artefatti o pensati a tavolino.

Nelle intenzioni del regista, Moglie e marito doveva essere “un film inverosimile, ma reale e comico; un film démodé, ma moderno, elegante ma sgangherato”: la sfida, al netto di tutto, può dirsi sorprendentemente riuscita, anche per via del modo armonioso in cui riesce a far coesistere al suo interno tali opposti, parlando al cuore degli spettatori attraverso il filtro dell’immedesimazione costante. Con spiazzante sincerità.

Mi piace: l’alchimia tra Favino e la Smutniak, la loro adesione ai rispettivi ruoli, la confezione

Non mi piace: qualche meccanismo comico non del tutto oliato

Consigliato a: qualsiasi coppia e a chi cerca una commedia italiana in grado di alzare l’asticella

Voto: 3/5

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