Molly’s Game

La scrittura come effetto speciale: lo sceneggiatore di The Newsroom e Steve Jobs debutta alla regia affidando uno script lungo e complesso a un super cast. Ci sono anche Idrs Elba e Kevin Costner

Jessica Chastain è una regina del poker in Molly's Game

Un film di Sorkin, come un film di Mamet, va pensato come penseremmo il teatro, c’è un grande testo affidato a grandi interpreti e una regia che segue tutto il resto, sono realmente opere “estese” di sceneggiatori eccezionali, autori che affiancano alla penna la macchina da presa e alla grammatica pura quella del montaggio.

Molly’s Game racconta la storia di una ex campionessa di sci che, messa KO da un infortunio alla schiena, si ricicla come organizzatrice di bische milionarie per amanti del poker. Al di là delle regole del gioco, la cosa da sapere è che questo genere di attività è lecita quando campa di mance e benefit (per esempio il bar), non lo è più se il banco trattiene una percentuale su ogni mano. Molly (Jessica Chastain) segue le regole fino a che la posta in palio glielo consente, ma il banco ha anche la responsabilità di garantire le perdite se qualcuno non riesce e pagare, e quando queste ultime raggiungono i sei zeri iniziano i guai.

Il film racconta in flashback l’escalation professionale (e criminale) della protagonista, attraverso il suo rapporto con l’avvocato destinato a difenderla (Idris Elba). L’idea è di dichiarare il reato ma sottintendendo sempre una forma di integrità, come se Molly facesse tutto per difendere una patente di coerenza e moralità dentro il destino opposto che si è scelta. È in questo risultato impossibile, in questa contraddizione che si esplicita nelle conversazioni con il legale ma ha le fondamenta nel rapporto con il padre (Kevin Costner), che il film misura il suo potenziale drammatico, visto che la scelta coraggiosa è di non affiancare alla protagonista né un compagno, né un figlio, cioè di non cercare scorciatoie.

Ci sono grandi interpretazioni che sostengono una sceneggiatura stimolante e complessa ben oltre necessità, come da tradizione sorkiniana, quindi il piacere del film si risolve in una specie di musicalità, o nei tanti duetti in cui la Chastain (qui molto più efficace che in Miss Sloane) fa da sparring partner ai moltissimi personaggi che si passano il testimone nell’aggiungere una briciola di senso dopo l’altra alla storia.
È grande cinema? Lo è nella misura in cui si accetta questa idea di scrittura come effetto speciale, come valore assoluto, quindi lo è in un certo senso (uguale e opposto) come lo sono i film della Marvel, solo secondo un mestiere meno costoso. Di sicuro è cinema raro, che è sbagliato dare per scontato, anche quando va molto oltre l’economia dei segni (parole e immagini) che altri userebbero come bussola.

Mi piace: la scrittura di Sorkin è una continua scossa intellettuale, la Chastain è in formissima.

Non mi piace: film gonfio di parole e accadimenti, per qualcuno potrebbe esserlo anche troppo.

Consigliato a chi: ama i thriller, il poker e le costruzioni narrative complesse.

Voto: 3 su 5

 

Foto: © 01 Distribution

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