Moonlight: la recensione di matyna88

8 candidature agli Oscar, vincitore del Golden Globe come miglior film.
Sarà che sono di gusti particolari da sempre, spesso contro tendenza, sarà che con presupposti del genere ti aspetti veramente un gran cinema. Fatto sta che, a me, nonostante la mia rinomata natura psicolabile, Moonlight non ha lasciato niente.
Sul genere romanzo di formazione, il film si divide in tre parti corrispondenti a tre età della vita del protagonista: infanzia, adolescenza ed età adulta. In ciascuna egli è impegnato nella ricerca di se stesso, del senso della propria esistenza e della propria identità sessuale.
Padre non pervenuto, madre drogata, Chiron è mosso dal costante bisogno di una guida, di un gesto di affetto, che però non sembra mai essere del tutto appagato.
Bene. Ma mica tanto. la sensazione è quella di vedere un film che ti vuole commuovere per forza e che però, proprio per questo motivo, ti fa provare più empatia nei confronti del malcapitato mandarino che stai sventrando in preda ad un attacco di fame nervosa.
Alcune scene molto belle, cito in particolare quella in cui lo spacciatore Juan (Mahershala Ali), preso a cuore il piccolo Chiron, trascurato dalla madre e vessato dai compagni di scuola che ne massacrano la fragilità, lo porta al mare e gli insegna a nuotare. Una delle poche ad aver smosso qualcosa.
Per il resto, una sequela di clichè; frasi (poche, il protagonista ha una spiccata tendenza all’introversione) scontate e ad effetto. Frasi che, forse, in questo contesto silenzioso in cui la comunicazione è affidata più che altro agli occhi degli attori (molto bravi, diamo a Cesare quel che è di Cesare) tramite lenti e intensi primi piani, vorrebbero rappresentare il messaggio del film.
“”At some point, you gotta decide for yourself who you’re going to be. Can’t let nobody make that decision for you.”
Niente di più vero e di importante ma, un film che sia davvero efficacie nel comunicare un messaggio, soprattutto di questa portata, te lo fa arrivare durante la visione prima di pronunciarlo a parole e questo, PER ME, non è successo. Forse ci si è, anche inconsapevolmente, concentrati più sull’arrivo che sul cammino.
In fin dei conti comunque non un brutto film, anche da vedere, ma non degno dei riconoscimenti attribuiti e nei quali vedo più forte l’influenza della polemica “Oscar So White” dell’anno passato dei meriti reali.

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