Padroni di casa: la recensione di Emilia Iuliano

Dopo B.B. e il cormorano, Edoardo Gabbriellini ambienta il suo secondo film in un paesino dell’appennino Tosco-Emiliano che rappresenta un ipotetico «ovunque». Qui approdano due fratelli romani, Cosimo ed Elia (Valerio Mastandrea – che ha collaborato anche alla sceneggiatura – ed Elio Germano), per ristrutturare la casa di un popolare cantante ormai ritiratosi dalla scene, Fausto Mieli, interpretato da un inedito Gianni Morandi, al suo ritorno sul grande schermo dopo trent’anni. Amato e al contempo odiato dalla comunità locale, vive in una grande villa del paese insieme alla moglie Moira (Valeria Bruni Tedeschi), costretta dalla malattia su una sedia a rotelle. Dietro un’unione apparentemente serena, nonostante le difficoltà, tra i due si cela una profonda ostilità. La stessa che, a poco a poco, si palesa tra gli abitanti della piccola comunità all’arrivo dei due operai “stranieri”, mentre fervono i preparativi per il concerto rentrée di Mieli.

Fin dalle prime sequenze (anzi, a dire il vero, fin dalla locandina del film, che ritrae una coppia di sposi con teste di lupi) la tensione è palpabile insieme al presentimento che qualcosa di terribile potrebbe accadere da un momento all’altro. Un mood che riflette contaminazioni di classici archetipi del cinema horror, di cui il film si appropria per suo personale uso e consumo, smorzandone i toni e virando nella direzione del dramma, in particolar modo nelle scene che esplorano la solitudine del personaggio di Moira, o creando diversivi attraverso la comicità di alcuni passaggi, dove brilla la coppia di protagonisti.
Degnamente affiancati dalla toccante interpretazione di Valeria Bruni Tedeschi, che ha accettato il ruolo nonostante non ami «i numeri di virtuosismo» che il suo personaggio necessitava a causa della paralisi, i problemi di comunicazione e i frequenti attacchi di epilessia.

Straniante la performance di Morandi. Dietro la faccia sorridente e l’affabilità del suo Mieli, che d’impatto accomunano il personaggio al Gianni pubblico che tutti conosciamo, si insinua un uomo turbato, affranto dal dolore e dall’impotenza, che lo hanno reso freddamente spietato. Un personaggio che offre spunti di riflessione anche sul ruolo del successo nella vita delle persone, come evidenzia la scelta compiuta da Mieli nel finale. Un epilogo estremo e visivamente potente, che conferma il presentimento iniziale, portandolo anche oltre le premesse, e che esplode in tutta la sua potenza sulle note agrodolci della colonna sonora firmata da Cesare Cremonini.

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Mi piace
La prova di Gianni Morandi, la perfetta sintonia del duetto Mastandrea/Germano e la tensione che si mantiene costante fin dalle prime battute.

Non mi piace
Alcune forzature nella sceneggiatura, soprattuto nella scrittura del rapporto tra i due coniugi.

Consigliato a chi
È curioso di vedere Gianni Morandi in un ruolo inedito e vuole godersi un thriller a sfumature horror che risulta inquietante fin dalla locandina.

Voto
3/5

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