Paulette: la recensione di Andrea Facchin

Paulette è un’anziana signora, ex pasticcera, che vive nei sobborghi di Parigi: dopo la morte del marito per alcolismo, fatica a tirare avanti con la sola pensione. È scontrosa, sboccata e pure razzista, sempre pronta a dare contro ai cinesi – che, secondo lei, le hanno fatto chiudere il locale – e al marito di sua figlia, un poliziotto di colore. Un bel giorno, Paulette decide di cambiare vita: nel suo quartiere sopravvive un modesto traffico di droga, e lei pensa bene di entrare a farne parte. E sorprendentemente ci riesce, diventando a poco a poco il miglior spacciatore sulla piazza, grazie ad una buona dose di fantasia e alla sua abilità in cucina. Ma presto dovrà affrontare i pericoli che la sua nuova attività comporta, e scegliere tra il denaro e la sicurezza della sua famiglia.

Jérôme Enrico, al suo esordio sul grande schermo dopo una lunga gavetta in tv, dirige una sorta di Erba di Grace in salsa francese: lo spunto comico è lo stesso del film di Nigel Cole, così come i motivi, strettamente economici, per cui le due protagoniste cominciano a vendere cannabis. Paulette, però, è un personaggio completamente diverso dalla dolce signora interpretata da Brenda Blethyn: qui Bernadette Lafont dà vita ad una figura xenofoba, cinica oltre ogni limite, in pessimi rapporti con la sua famiglia, che ha tagliato fuori dalla sua vita. Nel corso della storia, scandita da un buon ritmo comico, il personaggio subisce una trasformazione non indifferente, forse troppo rapida per come si sviluppa, ma in linea con la struttura paradossale del film. Il punto forte della pellicola è la scalata al successo della protagonista nel mondo della droga (che le vale il soprannome di “nonna spinello”), con gran parte delle gag migliori che giocano sull’improbabilità di immaginare una vecchina sfidare criminali di professione a suon di torte al cioccolato, meringhe “da sballo” e altri dolci astutamente corretti.

Enrico usa Paulette per tracciare un ritratto della condizione in cui vive oggi la sua Francia, tra crisi economica e cosmopolitismo imperante. La commedia è leggera, e lo sviluppo della trama abbastanza scontato, figlio di una sceneggiatura che manca di coraggio ed inventiva e preferisce puntare sul sicuro, con dialoghi e scene già viste. Una prevedibilità che stona rispetto ad un cast azzeccato e una protagonista la cui acidità è a tratti irresistibile.

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Mi piace
L’interpretazione di Bernadette Lafont, perfetta nei panni della vecchietta iper-scontrosa

Non mi piace
La prevedibilità di certe scene, che rendono il film quasi anonimo, e un finale un po’ troppo fiabesco

Consigliato a chi
Ha amato L’erba di Grace ed è in cerca di una commedia leggera e frizzante

Voto: 3/5

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