Proprio lui?

Sulle faide famigliari, John Hamburg ha costruito il successo della trilogia di Ti presento i miei, e ora riesplora il tema in Propio lui?, commedia che mette al centro lo scontro generazionale tra papà Bryan Cranston e il futuro genero James Franco. Rispetto alla saga con Robert De Niro e Ben Stiller, qui demenziale e politicamente scorretto sono portati ai massimi livelli da tutti gli elementi che compongono la commedia americana più irriverente. Non si ha paura di osare con un linguaggio smodatamente scurrile – da parte di Franco in primis -, e gag parodistiche ed eccessive, costruite con lo scopo di spingere sull’acceleratore il duello alla base della storia.

Bryan Cranston è Ned Fleming, uomo tradizionalista e padre oppressivo che vede i suoi incubi diventare realtà quando, durante le vacanze di Natale, sua figlia (Zoey Deutch) presenta a lui e famiglia il fidanzato, l’eccentrico Laird Mayhew (Franco), disposto a tutto pur di impressionare i futuri suoceri. Il cortocircuito tra i due “maschi alpha” scatta all’istante ed è totale. A confronto ci sono stili di vita ed ere opposte: Ned, del Michigan, lavora nella carta stampata, settore sempre più in crisi; Laird è un miliardario della Silicon Valley che ha fatto fortuna nel mondo del web e delle app, adora l’arte moderna e vive in una villa tanto hi-tech quanto grottesca, in cui se ne vedono di ogni: da chef di cucina molecolare ad alci imbalsamate, sino a un’intelligenza artificiale con la voce di Kaley Cuoco che scimmiotta la versione di Scarlett Johansson in Her di Spike Jonze. E infine c’è Gustav (Keegan-Michael Key), tuttofare della casa e braccio destro di Laird a cui si deve più di una risata (vedasi le improbabili lezioni di autodifesa a base di agguati improvvisi e fughe in stile parkour…).

Il duello tra i protagonisti è più esasperato di quello tra De Niro e Stiller: il target è anzitutto più giovane e le trovate divertenti non mancano (attenzione agli iper-teconologici wc giapponesi…). La comicità è vicina a quella dei Seth Rogen di turno e Franco sguazza in un contesto che gli permette di sfoggiare la sempre apprezzabile autoironia. Cranston, dal canto suo, tiene botta calcando (forse troppo) sulle caratteristiche da conservatore del suo personaggio, perfetta antitesi del pretendente della sua bambina.

Il problema? Hamburg non possiede la stessa follia dell’autore di Sausage Party, o se ce l’ha in questo caso non riesce a padroneggiarla in toto, garantendo la continuità necessaria al ritmo comico. È la classica situazione in cui i personaggi a volte rompono i confini all’interno dei quali sono stati costruiti, rischio in cui si corre quando si cerca di strafare.

Mi piace:
L’autoironia di Franco, che interpreta una sorta di caricatura di se stesso

Non mi piace:
Alcune gag gratuite, fondate sui soliti luoghi comuni.

Consigliato a chi:
Cerca una commedia familiare irriverente all’insegna del politicamente scorretto.

 

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