The Host: la recensione di Silvia Urban

Nuovo esame per lo specializzando in fantascienza Andrew Niccol (Gattaca e In Time), che traduce in immagini un’idea di Stephenie Meyer, mamma letteraria di Twilight e autrice del romanzo da cui il film è tratto.
Siamo su una Terra invasa da una specie aliena che si è insediata nei corpi degli uomini, cancellandone le menti, per imporre loro pace e rispetto per se stessi e per l’ambiente in cui vivono. Il self-control dei parassiti (e il loro rifiuto categorico delle armi) inizia, però, a vacillare nel momento in cui si rendono conto che gli esseri umani – a differenza di altre creature che hanno abitato – fanno fatica ad abituarsi alla loro presenza: «Le loro emozioni sono potenti».

Ambientazioni sci-fi si sposano, dunque, con il racconto di sentimenti reali, in particolare l’amore, in ogni sua declinazione. Come quello che nutre Melanie, sopravvissuta all’invasione insieme a pochi altri, tra cui il fratellino e il fidanzato Jared, per i quali è disposta a tutto. Anche a resistere a Wanda, l’Anima che alla fine le viene innestata. Il continuo dialogo tra l’umana e l’aliena che è in lei – uno degli elementi più riusciti e interessanti del film – è l’escamotage con cui il pubblico viene trascinato in un thriller furbescamente architettato per non scontentare nessuno: sistemi ultra hi-tech e forme vitali fluorescenti faranno felici gli assetati di sci-fi, mentre gli adolescenti avranno la loro buona dose di romance paranormale.

Il film, del resto, compie il suo dovere: intrattiene, incuriosisce, lancia messaggi positivi – fin troppo, considerando il “volemose bene” ribadito nel finale – e non si discosta dal romanzo. Ma è proprio l’ossessiva adesione al testo originale e l’evidente volontà di scolpire ogni scena, curando in modo maniacale la dimensione estetica, a rendere il film troppo artefatto e poco sincero. La fotografia è tanto bella quanto studiata (a tratti è palese l’indicazione data agli attori sulla posizione da mantenere per trovare l’inquadratura perfetta), i messaggi veicolati in modo didascalico e con qualche eccesso retorico, e il quadrilatero amoroso che si “snoda” in tre corpi poco conturbante (la relazione tra Melanie e Jared si intreccia con quella tra Ian, altro membro della resistenza umana, e l’aliena Wanda). Anche perché Saoirse Ronan, che pure conferma il suo talento, per via del fisico “fanciullesco” perde in credibilità proprio nelle scene più passionali.
È l’aspetto romantico a risultare il più deficitario e a perdere il pathos e le sfumature drammatiche del romanzo: scarso è l’appeal degli interpreti (neppure il bel Max Irons ha la stessa capacità di bucare lo schermo di Robert Pattinson) e semplificata l’evoluzione della doppia storia d’amore, ridotta a una questione di baci. SPOILER Non si capisce come mai Jared, alla vista della donna amata e creduta morta (seppur posseduta dall’aliena), non abbia il minimo sussulto, né tanto meno come Ian possa cambiare così facilmente idea e sentimenti rispetto a Wanda, che l’attimo prima rischia di uccidere e di cui l’attimo dopo non può più fare a meno. FINE SPOILER
Forzature narrative che destano qualche perplessità ma che pure non inficiano una visione piacevole e scorrevole, il cui elogio all’amore avrebbe funzionato anche scegliendo di interrompere la storia un attimo prima.

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Mi piace
La combinazione di atmosfere sci-fi e sentimenti umani. Il rispetto e l’amore per il pianeta e le persone che il film predica. La resa efficace della convivenza della doppia anima di Melanie e Wanda in un solo corpo.

Non mi piace
Gli eccessi di buonismo e di ricerca estetica. La scarsa credibilità della Ronan nelle scene passionali: l’aspetto romantico risulta il più deficitario.

Consigliato a chi
Ai fan del romanzo, che non rimarranno delusi, agli orfani della Twilight Saga e a chi confida nel “talento sci-fi” di Andrew Niccol.

Voto
3/5

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