Tornare a vincere – La recensione del toccante film sportivo con Ben Affleck

Tornare a vincere recensione
PANORAMICA
Regia (4)
Interpretazioni (4)
Sceneggiatura (3.5)
Fotografia (3)
Montaggio (3)
Colonna sonora (3)

Sono passati 23 anni da quando Ben Affleck, nei panni del giovane Chuckie, faceva il manovale in un grosso cantiere edile di Boston senza speranze in un futuro migliore in Will Hunting – Genio ribelle. Parecchi chili e disavventure dopo, ritroviamo l’attore in Tornare a vincere nei panni di un operaio di Los Angeles con mansioni molto simili, che mentre lavora sorseggia da un thermos quello che sembrerebbe essere gin, per non parlare del frigo a casa stipato di birre, che beve senza sosta addirittura anche quando è sotto la doccia.
Di quest’uomo, così triste e rassegnato da annegare nell’alcol le sue serata nel classico localaccio dopolavoro e da farsi riaccompagnare a casa da un vecchio amico ogni notte, sappiamo unicamente che è separato, che frequenta poco la famiglia d’origine e non ha figli; solo verso metà film scopriremo il gancio che la vita gli ha assestato, comprendendo finalmente le motivazioni della rassegnazione che di lui si è impadronita. Regalandoci anche una sensazione di déjàvu rispetto a Manchester by the Sea, il film che ha procurato l’Oscar al fratello Casey. Certo, lì si parla del classico film da Sundance, di un indie ultracelebrato: altro campionato, insomma. Ma lo sport movie di Gavin O’Connor non ha toni poi così dissimili dal film di Lonergan. E il tono spesso fa tutta la differenza del mondo.
Affleck offre qui, infatti, un’interpretazione cupa, sofferta e sommessa, che esprime un dolore quasi sordo a cui non è dato mai lo spazio di emergere. Che si accompagna a un’altra grande intuizione di O’ Connor, ovvero il modo in cui ha inquadrato – con campi medi e lunghi – il corpo imbolsito di Affleck, un corpo imponente che avrebbe potuto mangiarsi la vita e invece se l’è bevuta sorso dopo sorso.
E il percorso di risalita del suo Jack Cunningham, ex atleta vincente delle high school, a cui viene data la possibilità di allenare una scalcagnata squadra di liceo e portarla dal fondo ai vertici della classifica, è convenzionale e classico solo all’apparenza.
C’è tutto un lavoro “a levare” da parte del bravo regista di Warrior (lì si parlava di Mixed Martial Arts), che rende la “way back” di Jack tutt’altro che scontata. Niente toni trionfalistici alla Coach Carter, niente monologhi motivazionali indimenticabili alla Ogni maledetta domenica: la progressione verso la rinascita non ha un vero e proprio climax come nei cult del genere, e proprio per questo risulta più vera.
E infine, ma non certo come elemento accessorio, c’è lo sport, che il regista dimostra di amare e che sa intrecciare così abilmente ai sentimenti, ma che soprattutto sa mettere in scena. Jack prende in mano una squadra di ragazzi non abbastanza alti e talentuosi per il basket e li rende dei vincenti grazie a un tatticismo sfrenato e allo studio degli errori di ogni partita: pressing a diamante, recupero di ogni palla, raddoppio sugli avversari, diventano le tattiche con cui i ragazzi imparano a “controllare” le partite , lasciando gli avversari in balia del loro gioco di squadra.
Tornare a vincere è un film riuscito grazie al dosaggio equilibrato dei suoi elementi. Un film toccante e catartico (perfetto per questo periodo), che deve molto all’interpretazione mai così personale, intima e sincera di Affleck, reduce dall’accidentato percorso professionale (l’insuccesso di Batman v Superman, la rinuncia a dirigere il suo The Batman passato poi nelle mani di Matt Reeves), dal divorzio con Jennifer Garner e da due rehab consecutivi dall’alcol. Vicissitudini che hanno fatto da vero e proprio combustibile a una delle migliori prove di recitazione della sua carriera.
Tornare a vincere è disponibile per l’acquisto e il noleggio digitale (anche in 4K UHD) da oggi 23 aprile su Apple Tv, Youtube, Google Play, TIMvision, Chili, Rakuten TV, PlayStation Store, Microsoft Film & TV, e per il noleggio su Sky Primafila, Infinity e VVVVID

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