Il progetto televisivo di Edoardo De Angelis è uno di quelli più attesi della prossima stagione di Rai Uno. Ecco perché quando i ragazzi di #Giffoni50 chiedono qualche anticipazione a Sergio Castellitto su Natale in casa Cupiello in sala si avverte una fortissima agitazione. Ma l’attore-regista non si scompone e parla del piacere di «recitare Eduardo oggi vuol dire tornare a rendere il napoletano comprensibile, anche attraverso il linguaggio del corpo, come faceva lui. Gomorra invece ha reso questa lingua qualcosa d’altro, incomprensibile al punto di aver bisogno dei sottotitoli”. L’adattamento, ancora in fase di riprese nella capitale campana, è “un gesto di grande modernità”, oltre che un omaggio al “grande De Filippo, un artista magistrale nel gestire il dramma”. Una promessa: “Il film è molto bello, so che avrete una grande sorpresa”. Intanto il 5 novembre torna al cinema con Il cattivo poeta nei panni di Gabriele D’Annunzio, felice di far riscoprire la poesia: “Non c’è niente che serva di più. La mia ricetta durante la chiusura totale – non lo chiamo lockdown – è stata di leggerne una al giorno».
Il primo e più grande amore resta il teatro: «Andrebbe insegnato delle storie – parole sue – ha una storia lunga 4000 anni mentre il cinema solo un centinaio e resta il fondamento di tutto perché contiene la vita stessa”. Anche se – ricorda – è proprio sul palcoscenico ad aver ricevuto il più grande bagno d’umiltà: “Recitavo Cechov a inizio carriera ed ero un cane, con una voce nasale rigido, non sapevo cosa fare in scena. Ma su quei due mesi di prove ho fondato tutto il mio percorso artistico che dura da trent’anni. Anche sugli insulti e gli improperi che mi sono stati rivolti per quella parte. È stato faticoso ma è nato tutto da lì».
Sulla collaborazione nella vita e sul set con la moglie scrittrice Margaret Mazzantini dice: «La sua scrittura è unica, prevede la pietà ma anche la sua assenza. Da un lato guarda come in una TAC il male e dall’altra te lo mostra accarezzandolo. Da Scola a Monicelli, i personaggi femminili in Italia sono stati scritti sempre da uomini e la differenza con la penna femminile si vede, non è una questione culturale ma quasi biologica e sensoriale. Margaret ha una sensibilità irripetibile».
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