Antonio Banderas: «ecco la vera storia del gatto con gli stivali»

Insieme a Jeffrey Katzenberg e Salma Hayek, l’attore spagnolo ha presentato a Roma lo spin off di Shrek con protagonista il felino più ruffiano del grande schermo

Frizzante e spettacolare arriva in 400 sale dal 16 dicembre Il Gatto con gli stivali, il film sulla “vera storia” del gatto con gli stivali, il personaggio dolcemente ambiguo della saga di Shrek. In una nuova avventura lontano dagli orchi e dai palazzi dei re scopriamo il passato del gatto e soprattutto «dove ha preso il suo accento e perché porta gli stivali», spiega il regista Chris Miller, venuto a Roma a promuovere il film con Antonio Banderas, Salma Hayek, doppiatori della versione originale del cartoon (Banderas ha doppiato anche l’adattamento italiano e spagnolo) e Jeffrey Katzenberg, fondatore della casa di produzione DreamWorks. «Tutti ci siamo innamorati di lui», spiega Katzenberg, «sin dal primo momento in cui il gatto è comparso in Shrek 2.  Non si dimentica facilmente la scena in cui arriva nel bosco e dice a Shrek e Ciuchino: “Sfamatemi se osate!”. Da quella scena e dal successo che ha avuto come personaggio  abbiamo pensato a realizzare un film sulla sua storia. Miller, che da 10 anni lavora nel team di Shrek, si è assunto la responsabilità totale». E così l’avventura de Il Gatto con gli stivali prende il via quattro anni fa (per realizzare tre secondi di storia l’animatore più bravo, come racconta Katzenberg, lavora per una settimana intera) con un team di ben 400 persone, unendo la fiaba più classica, come il racconto dei fagioli magici a personaggi epici come Zorro Robin Hood. È un’avventura difficile quella nella quale Il gatto con gli stivali, ormai ricercato per furto,  si lancia. Un’avventura che vorrebbe compiere come un eroe solitario ma che è costretto a condividere con altri due nuovi personaggi: Kitty – Zampe di velluto (una gattina senza artigli capace di rubare senza destare il minimo sospetto, doppiata da Salma Hayek) e di Humpty Dumpty (Zack Galifianakis), un uovo piccolo che aveva condiviso l’orfanotrofio con il gatto.

«Il mio personaggio»,  spiega Banderas, «entra come un assassino in Shrek, ma viene subito “agganciato” da questo gruppo di pazzi. In loro trova una famiglia. Con questo film si comprende perché il gatto era così sensibile all’amicizia. Il gatto (cresciuto in un orfanotrofio e in una cittadina che nel passato gli aveva donato gli stivali come premio per aver salvato la vita alla mamma del comandante, ndr) è allo stesso tempo vittima di bullismo ma anche pieno di riconoscenza verso quella mamma che l’ha adottato. Nel film, in cui il comico è mescolato all’epico e al mitologico, emerge l’idea di amicizia e di lealtà. Il mio gatto è in grado di perdonare tutti i peccati e i torti subiti in virtù del bene comune. Una cosa che dovrebbero fare di più anche i politici di oggi…».

Affianca Banderas, tre volte doppiatore per la versione inglese, spagnola e italiana, un’altra attrice spagnola, Salma Hayek nel ruolo di Kitty-Zampe di velluto: «Non mi hanno dato la sceneggiatura», spiega l’attrice, «se non al momento del doppiaggio. È stata un’esperienza allo stesso tempo strana e divertente. Kitty è senza artigli ma ha sempre lo stesso “peso narrativo” del gatto. È un personaggio bello e moderno che rispecchia il dono delle donne che sanno improvvisare e fare del proprio meglio con gli strumenti a loro disposizione, anche nelle peggiori soluzioni». E anche Banderas aggiunge: «Per la prima volta in un film hollywoodiano i buoni parlano con accento spagnolo, mentre i cattivi parlano l’inglese. Un particolare che mi ha ricordato gli inizi della mia carriera quando mi dicevano che, se avessi voluto lavorare negli Stati Uniti, avrei potuto fare solo ruoli da cattivo o da Don Giovanni. Questo film dimostra il contrario perché elimina i soliti clichè come  il macho spagnolo o la principessa che aspetta di essere difesa».

E sull‘ipotesi di un sequel Katzenberg non si sbilancia: «Ci siamo innamorati dei personaggi. Cosa che non accade sempre quando si realizzano film. La decisione sulle possibilità di continuare a raccontare altre storie è determinata dagli spettatori e se ci sarà una buona storia e un buon narratore come Chris Miller».

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