In occasione dell’uscita in sala, il prossimo 6 maggio, di Hai paura del buio, abbiamo incontrato il regista Massimo Coppola.
Classe 1972, Coppola ha lavorato diversi anni per Mtv come autore e conduttore: è lui il volto e la mente di BrandNew e Pavlov. Qui ha anche ideato e realizzato il progetto Avere vent’anni, una serie di documentari sui giovani dell’Italia di oggi. E sempre per restare in tema documentario, è sempre opera sua Bianciardi!, il bel film sul leggendario scrittore de La vita agra.
Hai paura del buio è il suo debutto nel lungometraggio di finzione. Un film che racconta una storia tutta al femminile sull’amicizia sui generis tra due ragazze, una rumena (nella foto) e una italiana. Due giovani di 20 anni, forti e già segnate dalla vita ma con una grande voglia di riscatto e di libertà. Sullo sfondo, i paesaggi dell’entroterra del sud Italia (siamo a Melfi) martoriati dagli insediamenti della Fiat. E poi le musiche dei Joy Division.
Best Movie: Come è nata e si è sviluppata la storia?
Massimo Coppola: Il lavoro di sceneggiatura è stato lungo e frastagliato. Iniziato del 2006, è stato interrotto e ripreso parallelamente alla ricerca dei finanziamenti. La traccia iniziale della storia può essere rintracciata nella località di Melfi che avevo conosciuto girando lì un episodio di Avere vent’anni, dove la protagonista era un’operaia della Fiat. Avevo voglia di tornare a raccontare quei luoghi e approfondirli da un punto di vista visivo. Ma la vera storia ha preso forma quando ho finalmente delineato il personaggio di Eva (la protagonista rumena, ndr). Il film, di fatto, è il suo racconto.
BM: E come hai costruito il personaggio di Eva?
MC: All’inizio mi piaceva l’idea di mettere a confronto due operaie, una italiana e l’altra straniera in un tempo in cui l’immigrato viene ormai visto come un pericolo perché ti può portare via il lavoro. Poi ho abbondanato questa strada. Nel frattempo sono diventato padre e forse proprio questa situazione mi ha portato a interrogarmi sulle figure delle badanti rumene. Su queste donne che vengono in Italia a occuparsi dei figli degli altri e per denaro privano i loro stessi figli del loro affetto. Ciò che muove Eva è proprio questo: la voglia di andare a diglierne quattro a sua madre che l’ha abbandonata.
Ho fatto una storia al femminile perché credo che le donne siano superiori agli uomini sotto molti punti di vista, in primis nella loro capacità di affrontare il dolore e di non crogiolarsi nell’oblio.
BM: Quindi anche tu, in quanto uomo, ti reputi inferiore?
MC: Io ho un lato femminile molto sviluppato…
BM: Il tuo film è prodotto dalla Indigo Film che sostiene autori come Sorrentino e Molaioli. Ma anche progetti coraggiosi come La bocca del lupo o il tuo documentario Bianciardi!. Com’è stato tornare a lavorare con loro?
MC: Meraviglioso. Ormai ho una solida amicizia con Nicola Giuliano, è una persona che stimo molto. Lui e Francesca Cima sono dei produttori intelligenti, illuminati, coraggiosi con cui puoi avere uno scambio intellettuale.
BM: Quante settimane sono durate le riprese?
MC: Circa otto. In Romania abbiamo girato più di una settimana, ma c’è stata una lunga fase di preparazione, di casting.
BM: Come hai scovato le due protagoniste?
MC: Alexadra Pirici è un’attrice rumena che ho trovato facendo un casting in Romania. È bravissima, straordinaria. Mentre per Erica Fontana era la prima volta che faceva un film: l’idea era cercare di portare volti della Lucania davanti la macchina da presa. Abbiamo visto circa 1200 persone, tutte non professioniste, e alla fine ho scelto lei.
BM: La musica non è una semplice colonna sonora. Come hai scelto le musiche?
MC: Non volevo una colonna sonora ma una musica diegetica legata esclusivamente alle scene. L’idea dei Joy Division ce l’ho dalla primissima stesura della sceneggiatura dove sulla copertina avevo già scritto il nome di questa band che adoro. Gusti personali ovviamente, e poi loro sono l’emblema della cultura post-punk e post-industriale di cui il mio film è intriso. E hanno un’attitudine compositiva che trovo vicina alla mia concezione di montaggio. Tra l’altro nelle proiezioni con il pubblico che sto facendo ci sono un sacco di persone di 50 anni che hanno scoperto i Joy Division proprio grazie al mio film.
BM: Tu avevi visto Control, il film di Anton Corbijn del 2007 sui Joy Division?
MC: Sì, e mi è piaciuto molto. Un film molto sincero, ho perfino pianto. C’è uno straordinario lavoro sugli attori.
BM: E la musica di Tiziano Ferro?
MC: Il pezzo di Tiziano Ferro Stop Dimentica è meraviglioso, lirico e drammatico; sono molto contento che ce l’abbia concesso. L’intenzione era trasformare questa canzone nell’ultimo urlo di dolore, nell’ultima richiesta di aiuto che il personaggio della nonna lancia alzando al massimo il volume della tv da cui viene trasmessa la canzone.
BM: Con questi lunghi piani sequenza e uno stile autoriale che attinge esplicitamente alla Nouvelle Vague francese, Hai paura del buio non è certo un film facile per il pubblico.
MC: La mia è una scelta consapevole: volevo innanzitutto trasmettere allo spettatore un senso di claustrofobia. È un rischio che avevo messo in conto perchè volevo che il film fosse così. Comunque in quanto artista non posso essere dipendente dal pubblico e poi il pubblico non esiste. Ci sono le persone e ognuno ha la propria testa. Ma ovviamente spero che il mio film riesca a parlare ai giovani.
Qui sotto due clip tratte dal film. Nella prima si vede Eva (la ragazza rumena) in una scena d’amore con un ragazzo italiano e poi Anna (la ragazza italiana) che corre in macchina verso la fabbrica dove lavora e dove è scoppiato un incendio; in sottofondo le musiche dei Joy Division. Nella seconda clip, Anna si prende cura della nonna malata.
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