Intervista a Garrett Hedlund, il nuovo James Dean (ma solo sullo schermo)

Faccia a faccia con uno dei protagonisti di On the Road

Leggi l’intervista completa all’attore, di cui trovi una preview su Best Movie di luglio

«Solo un caffè, grazie».
E la sigaretta che si è appena acceso. Non ha bisogno di altro. Anche se i suoi occhi arrossati, nascosti dietro gli occhiali da sole scuri, rivelano un estremo bisogno di riposo.

Look total black, fisico possente, aria da ribelle: all’apparenza il nuovo James Dean. Non stupisce che Walter Salles in On the Road abbia voluto proprio Garrett Hedlund per interpretare Dean Moriarty (alter ego di Neal Cassady), probabilmente lo spirito più ardente e irrequieto della Beat generation: the perfect guy for the road.

Stupisce, invece, scoprire che del “divo maledetto” condivide solo l’aspetto fisico, perché per via delle sue origini (è nato in Minnesota) sempre resterà un ragazzo di campagna. «Sono cresciuto in una cascina, a miglia di distanza da qualsiasi città. Mio padre diceva che chiunque si allontanasse dalla campagna non era normale. Probabilmente era il suo modo per dirmi: non allontanarti da casa».
Un consiglio che Garrett ha “tradito” almeno due volte. La prima quando all’età di 14 anni si è trasferito con la madre in Arizona: «Fino ad allora non avevo mai fatto viaggi più lunghi di tre ore. Ed è da quel momento che ho vissuto molte “prime volte” e nuove esperienze». La seconda quando con il suo pick up ha raggiunto Los Angeles. «Ci ero già stato con mia madre, quando avevo 15 anni. Fu la prima volta che vidi l’oceano. Mi ricordo che rimasi travolto dalla sensazione di potere che quella distesa infinita mi trasmetteva. Qualche anno dopo ci ritornai da solo».
E in quel caso si decise il suo futuro. Tentare la carriera d’attore: questo il suo obiettivo, che col tempo e dopo diverse porte chiusegli in faccia, ha iniziato a prendere forma con la partecipazione in Troy (dove interpretava Patroclo), Eragon (era Murtagh) e Country Strong (al fianco di Gwyneth Paltrow) fino a concretizzarsi con il ruolo da protagonista in Tron: Legacy e in On the Road . Ed è proprio dal suo Dean Moriarty che iniziamo il tête-à- tête.

 

BM: Anche lei come Dean è stato – o è ancora – un ragazzo ribelle?
Garrett Hedlund: «No! (ride) Figurati che fino ai 14 anni ogni domenica mattina andavo a catechismo e poi in Chiesa. In Minnesota come nella maggior parte del Mid West sono tutti molto conservatori e tradizionalisti. I ragazzi in genere non lasciano i genitori finché non si sposano».

BM: Lei, però, rientra in quella anormalità di cui parlava suo padre.
Garrett Hedlund: «Sì, io ho voluto correre questo rischio. Non so dirti com’è nata la passione per la recitazione. Forse era un desiderio che covavo dentro di me da tempo. Forse era proprio una forma di ribellione. Accade sempre che più ti viene impedito di fare qualcosa, più cresce la voglia di farlo. Quando mi sono allontanato da casa, ho capito che la mia vita era veramente nelle mie mani. E, nonostante il peso della responsabilità, tutto mi sembrava possibile. Proprio come accade ai protagonisti del film».

BM: I ragazzi del Minnesota non sognano di diventare attori?
Garrett Hedlund: «No, affatto. Da piccolo io sognavo solo di crescere in fretta per poter gestire da solo la mia cascina. Vivevo a 30 miglia dalla città, in piena campagna. La televisione prendeva solo tre canali. Però mi ricordo di essere sempre rimasto incuriosito da alcuni spot della MGM e della Columbia che cercavano ragazzi tra gli 11 e i 12 anni per fare le comparse. Una volta scrissi per poter partecipare alla serie tv Bayside School. Non ottenni risposta».

BM: E com’è successo che ora è qui al Festival di Cannes?
Garrett Hedlund: «Come accade nel film spesso ti capita di renderti conto di quanta strada hai fatto solo dopo esserti fermato e aver guardato indietro. A 18 anni ho scelto di inseguire questo sogno. Mi sono trasferito a Los Angeles da solo. Non avevo un manager o un agente, ma sapevo che un giorno ce l’avrei avuto. Ho continuato a fare audizioni, senza troppe pretese ma cercando di adattarmi all’ambiente e alle possibilità che mi venivano offerte. Adesso voglio solo continuare il viaggio e guardare avanti».

BM: Non le piacerebbe tornare a vivere in campagna?
Garrett Hedlund: «Diciamo che mi piacerebbe tornare a trovare mio padre molto più spesso. Ci sono alcune cose che mi mancano. In fondo, ciò che ti spinge a fuggire dalla campagna è anche quello che ti “richiama” indietro».

BM: Tornando a On the Road, qual è stato l’aspetto di Dean più facile da incarnare?
Garrett Hedlund: «La spensieratezza, quella che permetteva a Dean di dire: “Dai, Sal, andiamo!” e di viaggiare per il mondo senza preoccupazioni. Ammiro molto gli artisti della Beat generation per la loro costante ricerca di libertà, di vita, che si esprimeva nella loro capacità di buttarsi in strada e lasciarsi guidare da ciò che offre, registrando tutto affinché pensieri ed esperienze non venissero persi e sprecati».

BM: E quello più difficile?
Garrett Hedlund: «La tristezza che derivava dalla consapevolezza di non essere né un buon padre né un buon marito. Essere costretto a lasciare la famiglia per liberare e assecondare il suo spirito».

BM: Come si è preparato per la parte?
Garrett Hedlund: «Non è stato facile. Perché, a differenza di quanto si dice sul film, non è una pellicola sulla Beat generation, ma sul periodo precedente alla nascita di questo movimento. La fortuna è che siamo stati ingaggiati molto presto, nel 2007, per cui abbiamo avuto tre anni di tempo per raccogliere informazioni sui nostri personaggi. Non appena ho saputo di interpretare Dean Moriarty, alias Neal Cassady, sono andato a San Francisco per recuperare i materiali custoditi nella libreria City Lights. La maggior parte, però, riguardano Cassady ormai trentenne. C’è molto poco sui suoi vent’anni, che era quello che più mi interessava. Due esperienze mi hanno aiutato a entrare nel personaggio: il viaggio sulla Hudson del ’49 appartenuta a Neal che abbiamo fatto Walter (Salles, ndr) ed io, attraverso gli Stati Uniti per 14 giorni, e l’incontro con John e Carolyn, il figlio e la moglie di Cassady».

BM: Prima di iniziare a girare, lei e gli altri protagonisti avete fatto un periodo di prove insieme al regista?
Garrett Hedlund: «Sì, nel luglio 2010 ci siamo ritrovati in un appartamento e ciascuno ha condiviso con gli altri ciò che aveva scoperto nei precedenti tre anni. Passavamo il tempo a leggere, ascoltare musica jazz e guardare film in bianco e nero, consigliati da Walter. Lui già li conosceva e spesso interrompeva la visione per dirci: “Ehi, guardate cosa accade adesso”. Seppur per nove ore al giorno, lavoravamo in assoluta libertà, ognuno seduto in qualche angolo della casa. In quei giorni l’affiatamento tra di noi è cresciuto moltissimo e non vedevamo l’ora di iniziare a girare».

BM: Sembra che ultimamente ci sia un vero revival della Beat generation al cinema. Un paio di anni fa James Franco ha interpretato Allen Ginsberg in Urlo e ora è la volta di Daniel Radcliffe in Kill Your Darlings.
Garrett Hedlund: «È vero, tra l’altro per quest’ultimo film ero stato contattato per interpretare Jack Kerouac. Ma allora era solo un progetto nella mente del regista, non c’era nulla di certo, anche sulle tempistiche di lavorazione».

BM: Cosa rende ancora così affascinante la Beat generation al pubblico di oggi?
Garrett Hedlund: «Credo che la gente, come me, tenda a idealizzare molto quel periodo e si lasci affascinare dalla libertà e dalla passione che animava quegli Autori. E dalla ricerca di una vita piena, vissuta con intensità, senza mai accontentarsi della routine e delle piccole stabilità quotidiane».

BM: Nel suo futuro prossimo c’è un altro importante film: Inside Llewyn Davis dei fratelli Coen, che tra l’altro sono del Minnesota come lei…
Garrett Hedlund: «Sì, è il mio piccolo Minnesota Dream! (ride) Si tratta di un ruolo piccolo ma divertente. Dove, tra glia latri, lavoro al fianco di Oscar Isaac, che è uno dei miei migliori amici e John Goodman, con il quale avevo già lavorato sei anni fa in Death Sentence: facevamo padre e figlio. In una scena siamo noi tre in macchina; quando la giravamo ho pensato: “Non ci credo, sono qui con due miei cari amici diretto dai fratelli Coen”».

BM: Mi ricorda qualcosa… (in On the Road ci sono molte scene con Hedlund, Sam Riley e Kristen Stewart in macchina)
Garrett Hedlund: «Anche a me. (ride) Tra l’altro Inside Llewyn Davis è ambientato nel 1961, non molto distante da On the Road. Siamo in piena scena folk, al Greenwich Village, tra le note di Bob Dylan».
(arriva Walter Salles che si avvicina a Hedlund e lo abbraccia)
«Scusate se interrompo questo momento così intimo»
(Hedlund mi guarda e sorride)
«Perdonalo, ieri sera ha un po’ esagerato».

(Foto Festival di Cannes 2012)

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