La trasposizione teatrale del capolavoro di Louis Ferdinand Céline è un’esperienza onomatopeica: 3 archi che accompagnano la chitarra di Teho Teardo e la voce di Elio Germano. Suoni acuminati, che si incastonano nell’animo del pubblico. «Lo spettacolo – dirà Germano – è nello spazio tra palco e pubblico».
In un contesto inedito come la Piazza delle Feste, «di solito siamo al buio quasi assoluto, oggi mi son trovato a guardare il pubblico, di solito non avviene», musica e voce si rincorrono raccontando vita, fallimenti, morte. «Celine ha esplorato la sofferenza come vittima e come carnefice».
«Il libro di Celine – racconta Teardo – è come la Bibbia; ha Genesi e Apocalisse. Il nostro teatro è la ricerca della terra di mezzo, uno spazio che vada al di là di inizio e fine».
«Lo spettacolo, in scena da oltre dieci anni – aggiunge Germano –, non è narrazione, ma suggestione in continuo divenire, un invito alla lettura del romanzo».
«In un decennio è cambiato l’accompagnamento musicale – quando la sperimentazione diventa intrattenimento smette di essere sperimentazione, puntualizza Teardo – siamo cambiati noi, il pubblico; immutata è l’attualità di un romanzo scritto un secolo fa e che non sembra invecchiato di un solo giorno».
Come succede quando un racconto diventa anima nuda, anche l’opera di Celine smette di essere testimonianza per farsi memoria collettiva. Il pubblico, trascinato da un accompagnamento musicale disperato, è con Celine giovane e illuso, poi al fronte, poi vecchio; sente forte l’odore di un mondo che è frutto putrescente, l’atomo opaco del male.
«Quello che vogliamo dare al pubblico – rivela Germano – è un mezzo per poter leggere l’attualità, uno sforzo che – dice indicando Michele Rech – Zerocalcare ha fatto con Kobane Calling. Ci sono tragedie che si consumano quotidianamente ed non bisogna perdere mai il contatto tra quella contemporaneità e la nostra».
Zerocalcare, chiamato a sorpresa sul palco da Giorgio Viaro: «Io sto qua solo perché so’arrivato a Genova un giorno prima», è colpito dall’impatto dello spettacolo, «confesso che Celine lo conosco poco», ma allo stesso tempo pone l’attenzione sulla complessità di un personaggio che spesso viene approcciato con superficialità.
«Spesso gli artisti – racconta Teardo – deludono come uomini; quello che resta è la forza della loro opera. Viaggio al Termine della Notte esplora la notte dell’anima e ha un valore enorme».
Germano racconta poi del suo rapporto col fumetto «più Dylan Dog che Topolino» e della grande passione per Andrea Pazienza «che andrebbe rivelato ai ragazzi».
Aspettando che La Profezia dell’Armadillo si faccia film, l’incontro è stato occasione per fare il punto sullo stato dell’arte per teatro, cinema e fumetto.
«Artisticamente – rispondono all’unisono Germano e Teardo – c’è un mondo sconosciuto, anche vicino a noi, che merita di essere esplorato. Spesso il pubblico è migliore di quello che gli viene proposto».
Sul cinema è chiaro Germano. «Spesso si produce solo quello di cui si è sicuri, arroccandosi in film omologati. Paradossalmente è proprio con le produzioni minori che si osa e – confessa – tra mille fatiche si ottengono risultati»
«Con il fumetto – racconta Zerocalcare – siamo in un momento intenso. Al di là di chi ha un approccio superficiale al media, basti pensare all’invito del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti a leggere più libri e meno fumetti durante le vacanze estive, c’è una maturazione dei lettori che vedono nel fumetto un linguaggio, non un prodotto, apprezzandone le declinazioni».
«Questo stato di cose ha permesso ad artisti come Toni Bruno, Alessio Spataro – o a Nova, presente in sala – di emergere, arrivando al pubblico senza snaturare tratto o stile».
Mentre la prima serata del Fest si chiude, l’appuntamento è alle prossime tappe tra Cinema, Fumetto e Genova.
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Foto: © Mattia Vannini, Courtesy of Porto Antico di Genova
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