Quentin Tarantino: «Con Django Unchained ho accantonato la vendetta per raccontare il riscatto»

Nell'intervista che il regista ha rilasciato, in occasione dell'uscita homevideo della sua ultima fatica, annuncia anche quando andrà in pensione: «Non voglio fare film per sempre. Mi voglio fermare a sessant’anni»

Esce oggi in Italia in Blu-ray e dvd Django Unchained, l’ultima fatica di Quentin Tarantino, che è valso al regista l’Oscar per la Miglior sceneggiatura originale e a Christoph Waltz per Miglior attore non protagonista.

Per l’occasione l’autore racconta in un’intervista i retroscena del film e parla del suo futuro e dei suoi prossimi progetti, pensando alla pensione…

D. Alla fine hai fatto anche un western…
R. «Sì. Ma non posso dire che sia il primo in assoluto, visto che anche Kill Bill: Volume II aveva un che di spaghetti western e anche Bastardi senza gloria, specialmente all’inizio. Ricordo cosa mi disse il supervisore alla sceneggiatura – lo stesso per tutti i miei film – il primo giorno di Bastardi senza gloria: “Quentin, questo è il tuo primo western”».

D. Stai riscrivendo la storia?
R. «No, non sto riscrivendo la storia. Ogni cosa che accade nel film, sarebbe potuta succedere per davvero nella realtà. Lo stesso mi sentivo per Bastardi, eccetto che per un macro-evento: non c’è un grande “Django” che uccide il Generale Lee».

D. Puoi parlarci dell’influenza di “The Ring cycle” di Wagner su questo film?
R. «Probabilmente ero al quaranta per cento della sceneggiatura quando il “Ring Cycle” era in scena a Los Angeles; una grande produzione. Christoph Waltz voleva portarmi a vederlo. Non  potevo andare a vedere la prima giornata. Così optai per la seconda. Nei giorni successivi mi portò a cena fuori e mi raccontò la storia della prima giornata – e io avevo visto il film di Fritz Lang e ne sapevo un po’. Mi raccontò la storia e mentre me la raccontava non potevo fare a meno di notare la somiglianza alla situazione che io raccontavo nel film, che stavamo scrivendo e che stavamo per fare insieme. Così andai a vedere la seconda giornata e fu ancora più chiaro che erano quasi parallele. Avevo già chiamato lei Broomhilda. I parelleli erano cosi vicini che non ho voluto vedere la terza. Non volevo sapere come andava a finire, non volevo averla in testa ma poi dissi a Christoph dove volevo arrivare e lui: “È praticamente uguale a quella di Wagner”».

D. Mi puoi parlare del poster teaser, che era sul tipo di quelli di Saul Bass?
R. «Non l’abbiamo mai detto di fare un poster sul genere di quelli di Saul Bass, ma i suoi lavori sono molto grafici. Mi è sempre piaciuto il concetto, e di solito devi lottare per usare roba del genere in un film. Tutti vogliono photoshoppare i volti degli attori nel poster e, probabilmente, ci saranno i volti degli attori sul poster finale… ma per ora divertiamoci. Ora possiamo fare qualcosa di fico. Così abbiamo visto molti design. Devi trovare una buona idea, grafica, ma di effetto. Devi vendere il film. Quando ho visto il poster solo con lo sfondo rosso e la catena rotta e le silhouette dei due ragazzi ho pensato che fosse perfetto. Enfatizzava esattamente quello che volevo: la loro diversità e la loro uguaglianza. Così me ne sono innamorato e Harvey Weinstein era ugualmente d’accordo: “È lui”. Tra Sony e la Weinstein Company, nessuno ha detto: “È poco chiaro. È troppo qualcosa”. Tutti hanno detto: ”È fico. Procediamo con questo”».

D. C’era un personaggio chiamato Django…
R. «Erano gli Anni Sessanta, era Franco Nero, che è nel nostro film. Interpretava uno schiavista italiano di nome Amerigo Vassepi. Non è basato su Django ma io amo Django e, in particolare, amo i film di Sergio Corbucci, il regista. E io amo i western di Franco Nero. Questo film prende ispirazione dal west di Sergio Corbucci. Il suo west è il west più violento. è il più brutale. è il paesaggio ideale. I personaggi più spietati sono nel selvaggio west che lui ha creato. Se dovessi fare qualcosa di simile, penserei esttamente a questo: uno schiavo nel Sud America nell’anteguerra. Sarebbe questo il panorama più spietato che potrei immaginare. E così è stato. Franco Nero ha fatto quel film ma Django era così popolare che c’erano già trenta o quaranta sequel non ufficiali. Semplicemente chiamavano un personaggio Django. Il film si sarebbe chiamato Django spara per primo, muore per ultimo o Django ti prepara la tomba, e magari nel film non c’era nessuno che si chiamava Django. Mettevano solo Django nel titolo. Ogni film che Franco Nero ha fatto, specialmente in Germania, anche se era un film di poliziotti, si chiamava sempre Django. Se c’era un film di combattimenti di squali si sarebbe chiamato Django e lo squalo [Ride]. Siamo su una lunga scia di Django».

D. Perché di solito i tuoi film hanno la vendetta come tema?
R. «È un buon motore per fare un film. Nelle tragedie Shakespeariane, nelle tragedie greche,  nei film che parlano di sfruttamento, nei western, nei film di arti marziali e in ogni genere di film, la vendetta è un buon motore per i personaggi. Infatti il concetto di vendetta appare sempre in questi film. Il fatto è che un ragazzo che una volta era uno schiavo che combatteva contro i suoi padroni genera coinvolgimento e gratificazione nel pubblico. Francamente questo film è più orientato al riscatto che alla vendetta. Avrei potuto facilmente fare un film dove Django veniva messo alla berlina dai bianchi e poi prendeva la pistola e li uccideva tutti, ma qui c’è di più: lui torna indietro per salvare la sua Broomhilda».

D. Ci puoi dire di più sul personaggio di Leonardo DiCaprio?
R. «È un personaggio chiamato Calvin Candie e governa un luogo chiamato Candyland. è un re. è un imperatore. è come Luigi XIV sulla sua piantagione di quarantacinque miglia. Gli schiavi e i lavoranti bianchi – potrebbero essere l’imperatore con i suoi sudditi. Il suo numero uno è Mandingo – un combattente. Ha la passione di vedere gli schiavi che lottano fino alla morte. Allena gli schiavi per farlo. è come un combattimento tra cani, ma i protagonisti sono esseri umani. è un tipo raccapricciante. La donna è letteralmente nel peggior posto dove potrebbe essere. Di nuovo, l’analogia con Sigfrido – lui scappa letteralmente dall’inferno e poi deve tornare indietro per salvare la sua donna».

D. Hai creato i tuoi personaggi con un preciso attore in mente?
R. «Ho creato il Dott. King Schultz con Christoph in mente. Ho creato il personaggio di Steven per Sam Jackson. È il servo di Calvin. È diabolico quanto lui. Se conosci qualcuno come Christoph o Sam, conosci il loro modo di fare, le loro caratteristiche, puoi creare qualcosa di veramente incredibile. Quando hai a che fare con loro tutto sembra perfetto. Al contrario, altre volte, quando scrivi per qualcuno rischi di schematizzare troppo, mentre se tu abbozzassi solo il personaggio, il personaggio stesso potrebbe rivelartisi in un modo inaspettato. Ora, in qualsiasi modo tu operi, il tuo lavoro è quello di trovare il giusto attore per quel ruolo. L’esempio migliore per questo è il colonello Landa di Bastardi senza gloria. Io non sapevo che fosse un genio linguistico finché la storia non si è evoluta. Si è dimostrato in grado di parlare altre lingue quando necessario. Se avessi scritto questo per qualcun’altro, probabilmente non sarebbe stato in grado di tirar fuori questa qualità perché non gli apparteneva. Sarebbe stato troppo duro imparare tutte quelle lingue diverse. Alla fine ho creato il personaggio e ho dovuto trovare qualcuno che potesse interpretarlo e l’ho fatto. Ma ero spaventato. Molto spaventato. Ho pensato di aver scritto un ruolo che fosse impossibile interpretare».

D. Ci sarà un sequel di Kill Bill e quando?
R. «Dubito che farò un Kill Bill dopo questo, dovrei aspettare almeno dieci anni. Se lo facessi sarebbe sulla figlia di Vivica Fox, dopo Uma. Dovrebbe avere diciotto anni, così dobbiamo aspettare un po’».

D. Chiamaresti questo un film “southern”?
R. «Mi piace questo termine. Ma ho paura ad usarlo, ho paura di confondere le persone. È da molto che li chiamiamo western. Il western è il Montana, il Wyoming, l’Arizona e posti del genere. A causa della schiavitù i western hanno sempre evitato la parola sud. Hanno evitato il profondo sud anche nello stesso periodo. I western sono ambientati prima o dopo la guerra civile ma non hanno mai a che fare con sud perché poi dovrebbero affrontare il tema della schiavitù. è stato sempre evitato. Noi non lo facciamo. Noi ci siamo dentro con entrambi i piedi e abbiamo a che fare con la schiavitù, il che ne fa un “film del sud”».

D. Ti aspetti che il film susciti un dibattito?
R. «Decisamente sì, come è accaduto per tutti i miei film. Alla gente piacciono o non piacciono. Quando hai a che fare con materiale sensibile, c’è sempre qualcuno che ha qualcosa da ridire. Tuttavia la controversia cosa significa più? Oggi i film più controversi sono spesso primi nelle sale e, in otto mesi, arrivano in tv».

D. Ti hanno pressato per girare su digitale piuttosto che su pellicola?
R. «Hanno voluto più che altro che girassi su pellicola. I pigri girano in digitale. Sono andato dal capo di uno studio che ha fatto un film che è costato più di cento milioni di dollari ed è stato girato in digitale. Ho detto: “Quando giri un film in digitale che costa più di cento milioni di dollari non ti senti un po’ stupido?”. E lui: “Sì, un po’”».

D. Dal filmato che abbiamo visto c’è un momento in cui Django e il Dott. Schultz attraversano un paesaggio innevato in gran silenzio…
R. «Sono un gran fan del silenzio. Sono un gran fan di Sergio Corbucci, mi piace la neve nel western. è perfetta nel mezzo del film, perché è il momento in cui Django diventa un cacciatore di taglie e dove impara come farlo ma è anche perfetta visivamente, perché offre differenti ed eccezionali possibilità ed è un elemento di divisione, un passaggio perché il film inizia in Texas e loro vanno in una città del west. E ne vedi solo una piccola parte, di tutto il viaggio. Ma ti sembra di sapere esattamente dove sei. È il western. Poi salgono sulle cime innevate e infine giungono nei campi, bianchi anch’essi, di cotone… ed è meraviglia».

D. Ti vedi con figli e famiglia? O il tuo obiettivo è altrove?
R. «Penso che potrebbe essere il caso, no? Non voglio fare film per sempre. Mi voglio fermare a sessant’anni».

Extra Blu-ray:

  • Cavalli e gli stunt
  • I costumi di Sharen Davis
  • In ricordo di J. Michael Riva – La scenografia di Django Unchained
  • 20 anni di cinema: la collezione Blu-ray di Tarantino
  • La colonna sonora

Prezzi: Blu-ray: 20,90 euro ca.; Dvd: 16,90 euro ca.

Uscita: 15 maggio

 

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