Caleidoscopio in bianco e nero. La recensione della serie Netflix che (in teoria) puoi guardare come vuoi

La piattaforma ha lanciato una nuova provocazione agli utenti: una serie da guardare invertendo a piacere l'ordine degli episodi, ma il giochino funziona solo fino a un certo punto.

caleidoscopio
PANORAMICA
Regia (2.5)
Sceneggiatura (1.5)
Interpretazioni (2)
Fotografia (2.5)
Montaggio (3)
Colonna sonora (2.5)

Il mondo della serialità si è sempre prestato a tentativi di presunta rivoluzione nei meccanismi di visione e di coinvolgimento dell’utente. Caleidoscopio è l’ultimo tentativo di Netflix di provare a rimescolare un po’ le carte: un heist drama pensato per essere guardato in qualsiasi ordine di episodio, peccato che la proprietà commutativa non si applichi davvero al 100%.

Sulle orme di celebri film di genere come Ocean’s Eleven e soprattutto Le Iene di Quentin Tarantino, Caleidoscopio è la storia di un geniale ladro e padre di famiglia impegnato a realizzare il colpo della vita per motivi che vanno oltre il denaro. Vuole farla pagare ad un magnate della sicurezza col quale ha un conto in sospeso, derubando 7 billioni di dollari (!) in obbligazioni dal suo impenetrabile caveau. La storia si ispira a fatti realmente accaduti a New York nel 2012, nel bel mezzo dell’uragano Sandy e a interpretare il ladro dalle buone intenzioni c’è Giancarlo Esposito (indimenticabile Gus Fring di Breaking Bad e Better Call Saul).

Attorno a lui gravitano altri membri della banda dal taglio molto archetipico: il rude scassinatore (Jai Courtney), l’avvocatessa con infinite risorse (Paz Vega), il tutto-fare dall’animo buono (Peter Mark Kendall) e un nemico dalla mascella squadrata e lo sguardo di chi è proprio cattivo (Rufus Sewell). Il loro sviluppo verticale e le relazioni che legano gli uni agli altri sono tarati per giustificare un’esperienza di visione così particolare, quindi risultano spesso stereotipate o gestite in maniera furbescamente superficiale.

Come puro heist drama, Caleidoscopio ha un piano a prova di ladro e procede con poche sbavature e quelle classiche esagerazioni che sono però il punto di forza del genere. Tutto però va per forza giudicato alla luce del fatto che Netflix la propone come una serie che si può guardare in ordine sparso: otto episodi, divisi per colore, che in teoria il pubblico potrebbe invertire a piacimento.

Raccontano piccoli frammenti di storia che coprono 5 lustri di tempo: si va da 24 anni anni prima della rapina (viola) a 7 (verde), quindi 6 settimane (giallo), 3 settimane (arancione), 5 giorni (blu), il momento stesso della rapina (bianco), la mattina dopo (rosso) e infine sei mesi dopo (rosa). Questo è uno dei possibili ordine di visione, quello cronologico, ma Netflix stessa ne ha suggeriti altri tre: si può vedere come un film di Tarantino, come la serie Orange is the New Black, oppure come una classica detective story. 

Per funzionare, questo sistema di visione avrebbe bisogno di separare nettamente gli episodi di modo che funzionino come parti distinte di una serie antologica, che forniscano cioè tutti gli elementi necessari per comprendere il racconto limitatamente al loro spazio di tempo. Invece, Caleidoscopio non è altro che un’illusione ottica, un gioco di specchi e colori che procede in maniera molto più lineare di quanto voglia far credere: si limita a gestire il montaggio degli episodi tra flashback e continui richiami ad altre situazioni che vanno necessariamente approfondite più avanti (o più indietro) nel corso della visione, ma che non riesce a prescindere da un’idea di narrazione unitaria e complessiva.

Per capire l’episodio “Bianco”, quello della rapina, non ci si può esimere dalla visione degli altri che ne spieghino il contesto, così come guardando quello ambientato 6 mesi dopo un qualsiasi spettatore si ritroverebbe totalmente spiazzato, confuso – come se stesse iniziando per l’appunto una serie dalla fine. La premessa però era chiara: si possono guardare gli episodi in qualsiasi ordine, ma è valido solo fino a un certo punto.

Caleidoscopio, insomma, vuole giocare col pubblico e coi colori ma gli unici a disposizione sono il bianco e il nero. Come esperimento è intrigante, ma ha finito col togliere energie e interesse ad una storia che avrebbe funzionato forse meglio con una impostazione più classica. Il coinvolgimento dello spettatore nella modalità di fruizione non è neppure paragonabile ai tanti progetti di questo genere come Black Mirror: Bandersnatch, Possibilia o ancora la web serie ideata da Luca Parenti, Days: The Crossmovie nel 2013. Nulla di nuovo sul fronte interattivo.

Foto: MovieStills

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