Ma come fa a fare tutto?: la recensione di Marita Toniolo

Gli unici riferimenti a Sex and the City sono quella voce fuori campo che ci accompagna lungo il racconto e quella scintillante Manhattan le cui avenue i suoi tacchi sono abituati a percorrere. Per il resto non c’è nulla che riconduca la Kate di Ma come fa a fare tutto? alla Carrie della serie tv che l’ha portata al successo. Sarah Jessica Parker è definitivamente cresciuta e ha trovato un ruolo che si confà meglio al suo fisico secco e nervoso e alla sua autoironia. Niente ombra di fashionismi e neppure un salto dal parrucchiere per questa mamma manager che, anzi, deve contrastare i pidocchi trasmessigli dai figli. Che si divide con abilità da giocoliere tra riunioni al lavoro e feste di compleanno, voli charter tra Boston e la Grande Mela e acquisto di torte da spacciare per manicaretti fatti in casa.

Non si confronta più con gli scapoloni degli Harry’s Bar ma con le “Mammostre”, giovani massaie tutte casa e palestra che cercano ogni scusa buona per farla sentire una madre inadeguata, e gli squaletti dell’ufficio che non vedono l’ora di soffiarle i clienti. Un confronto pesante che porta Kate a dibattersi tra senso di colpa per le promesse non mantenute ai suoi bambini e ambizioni professionali, in una continua riprogrammazione del suo planning quotidiano (la famigerata “lista”).

Il film affronta con ironia (ci si diverte davvero)  il tema della gestione della vita quotidiana da parte delle donne che non vogliono rinunciare né al proprio lavoro né al tempo trascorso con la famiglia, con però un ottimismo troppo sfacciato e a tratti melenso e con quel buonismo tipico della commedia americana (specie nello scontato happy end). Il suo pregio più grande è quello di sollevare – col sorriso e grande leggerezza – questioni importanti e problematiche che arrovellano quotidianamente i cervelli di uomini e donne. Soprattutto delle donne. E gli va anche riconosciuto di non sconfinare mai nel manifesto post-femminista o – al contrario – di proporre come soluzione la rinuncia ai propri desideri, ma di rivendicare per le donne il diritto di ripensare al proprio ruolo con creatività, flessibilità, arte del compromesso. E tanta fatica.

Gli uomini qui non sono incuranti satelliti o peggio dei “Mad Men” insensibili, ma padri di famiglia che hanno il volto rassicurante e morbido di Greg Kinnear e studiano con le donne come far funzionare il ménage famigliare o affascinanti bancari come Pierce Brosnan che apprezzano il talento di Kate e non si curano troppo della sua confusionarietà. Uomini che amano le donne, insomma. E se le contendono a colpi di fairplay.

Il regista Douglas McGrath, archiviate le atmosfere retrò e raffinate di Infamous, si dà all’intrattenimento puro e confeziona un chick-flick molto appetibile (a partire dal bestseller della giornalista Allison Pearson), che – siamo pronti a scommetterci – potrebbe riservare non poche sorprese al botteghino in tempi in cui la commedia romantica Usa sta vivendo un momento di ribasso. Ottimo il casting, non solo quanto ai protagonisti, ma anche alle figurine a margine. Da tenere d’occhio le giovani Olivia Munn e la rossa Christina Hendricks.

Mi piace

La leggerezza dei toni con cui si trattano temi così attuali e l’assenza dei soliti cliché cinematografici sulla Guerra dei sessi.

Non mi piace

L’eccesso di buonismo e sorrisi ostentati con cui si affrontano le crisi. La semplificazione eccessiva delle problematiche relazionali.

Consigliato a chi:

Alle donne bioniche che cercano di conciliare famiglia e lavoro. Agli uomini che le capiscono. E soprattutto a quelli che non le capiscono.

Voto: 3/5

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