Una canzone per Marion: la recensione di Silvia Urban

Preparatevi: quello diretto da Paul Andrew Williams è uno di quei film che i critici bolleranno come ruffiano e invece il pubblico – specie quello femminile – troverà delizioso. Forse la verità (oltre che la virtù) sta nel mezzo. Inutile allora tentare di occultare le imperfezioni di questa dramedy british (è altamente raccomandata la visione in lingua originale) che scivola nella retorica. Ma è altrettanto impossibile rimanere indifferenti di fronte alla storia di Arthur e Marion, interpretati da due eccelsi Terence Stamp e Vanessa Redgrave incuranti dei segni del tempo. Due anime opposte – l’uno ruvido e introverso, l’altra solare e innamorata della vita – che nella loro unione hanno trovato la perfezione, o quantomeno un perfetto equilibrio. Un legame profondo, inossidabile malgrado la diversità dei caratteri. Quando la malattia si porta via la moglie, Arthur sprofonda nella sua chiusura e solitudine, fino a quando – complice Elizabeth, la giovane direttrice del coro di cui Marion faceva parte (una frizzante Gemma Arterton) – la musica lo aiuta a sciogliere il suo animo e a «let them show your true colors», come gli canta la compagna in una delle scene più struggenti.

La pellicola rimane volutamente in bilico tra il versante “comico” – affidato alle divertenti imprese musicali del coro agée, che nonostante l’età non rinuncia a sperimentare anche look e frequenze rock – e quello drammatico – incarnato dalla figura di Arthur, uomo ermetico, marito devoto, padre assente e da sempre in conflitto con il figlio –. La macchina da presa indugia su di lui per fotografarne l’impassibilità esteriore e al contempo fare una radiografia del suo cuore lacerato e svuotato. Lo vediamo lentamente schiudersi, lottare con il proprio orgoglio e infine cedere al sorriso della bella Elizabeth. Ed è proprio in questo indugiare che il film è capace di stimolare con facilità e furbizia il condotto lacrimale dello spettatore, finendo per fargli amare un uomo tanto scorbutico. Certo, anche la scelta delle canzoni (soprattutto dei testi), ha un ruolo fondamentale; melodie e parole non sono altro che attivatori (o acceleratori) di emozioni. Un “gioco” a cui si partecipa volentieri.

È per lo stesso principio che si è anche disposti a chiudere un occhio davanti all’improbabile rapporto di confidenza che si instaura tra Elizabeth e Arthur e alle surreali traversie che il coro deve affrontare per poter salire sul palco di un importante competizione nazionale. Non è il come, ma cosa viene raccontato a rapire.
Si ride, si piange, ma in fondo è giusto così. Perché Una canzone per Marion è un inno alla vita e all’amore consigliato a tutti.

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Mi piace
La bellezza della storia d’amore narrata e l’appeal dei suoi protagonisti. Eccellente la prova di Terence Stamp e la Redgrave, che mostrano con serenità i segni del tempo. Nota di merito anche per la british Gemma Arterton, semplice e frizzante.

Non mi piace
Lo script talvolta scivola nella retorica.

Consigliato a chi
Cerca una bella commedia romantico-musicale. Per tutte le età.

Voto
4/5

 

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