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New York Movies: Colazione da Tiffany. Un viaggio alla scoperta delle location del film

Seconda puntata del nostro speciale dedicato alla Grande Mela raccontata attraverso le pellicole più celebri girate tra i suoi grattacielì

E’ l’alba a New York, saranno sì e no le cinque di mattina. Un taxi accosta su un marciapiede della Fifth Avenue  e scende lei. Tubino nero di Givenchy, collana di perle multifilo, occhiali RayBan Wayfarer con montatura in tartaruga (non cercateli nei negozi: questi sono più grandi di quelli della produzione attuale) e in mano un sacchetto con dentro un croissant e un bicchiere di carta per bevande calde da 200 cc. pieno di caffè nero. Siamo davanti alla vetrina della gioielleria Tiffany & Co., n. 727 della Fifth Avenue, all’altezza della 57th Street, ed è lì che si consuma la colazione più famosa del mondo. La scena venne girata il 5 ottobre del 1960 perché, come sanno bene i residenti (e anche i registi e gli scrittori), le mattinate d’ottobre a New York hanno una  luce particolare ed emozionante, che si riflette con toni di rosa e d’argento sui palazzi della città. E illuminata da quella luce c’è lei, Audrey Hepburn, che nei panni di Holly Golightly ha creato un’icona di stile senza tempo, come senza tempo è il mito della gioielleria.

Holly Golightly:  Non voglio possedere niente finché non avrò trovato un posto che mi vada a genio. Non so ancora come sarà… ma so com’è… è come Tiffany.
Paul Varjak:
Tiffany? Tiffany il gioielliere?
Holly
Golightly:  Appunto! Io vada pazza per Tiffany!

Il marchio Tiffany nasce come cartoleria nel 1832 ma la sede immortalata dal film è stata inaugurata  nel  1940, dopo vari trasferimenti dai vecchi negozi sulla Broadway e a Union Square. Qualcosa del passato però è rimasto. Prima di entrare a guardare le ultime collezioni nei banconi trasparenti alzate lo sguardo e osservate la statua di Atlante che sostiene l’orologio, opera di Frederick Meltzer artista specializzato in polene, che un tempo ornava l’entrata della vecchia sede dei gioiellieri. E poi entrate, molto tranquillamente, perché, come ricorda Holly, “niente di brutto può accaderti qui”.

NEW YORK RICOMINCIA DALLA QUINTA

Holly Golightly: Una passeggiata di mattina non l’avevo mai fatta, almeno non da quando sono a New York. Sì, ho camminato per la Quinta Strada all’alba, ma per me era ancora notte… credi che conti?
Paul Varjak:
Sicuro che conta!

Colazione da Tiffany (Breakfast at Tiffany), diretto da Blake Edwards e uscito nel 1961, è tratto dal romanzo omonimo di Truman Capote e sia il film che il libro vanno oltre la facciata di commedia romantica. Il film racconta di Holly, abituata al lusso e disinibita frequentatrice di feste (oggi saremmo tentati di usare il termine “escort”), sempre a caccia di un miliardario, magari da sposare. Ma un giorno ad abitare nella sua stessa palazzina arriva Paul (George Peppard), giovane e spiantato scrittore, mantenuto da una ricca signora.  L’amore nasce, è ovvio, ma tuttavia Paul conserva i suoi antichi legami, mentre Holly arrotonda le entrate accettando anche il denaro da un detenuto, che utilizza le visite dell’ignara Holly per trasmettere messaggi ai suoi emissari. A complicare ancora le cose arriva l’ex marito texano della ragazza che inizialmente Paul scambia per il padre della giovane…

Breakfast at Tiffany segna una nuova era per la società americana, ancora vittima del perbenismo degli anni ’50. L’elegantissima Audrey, amata e benvoluta da tutti, è in realtà il simbolo di un mondo nuovo, che butta nel cestino dei rifiuti i falsi moralismi, così come lei lascia le scarpe in giro per casa, ama il disordine, la musica ad alto volume, beve latte in preziosi calici di cristallo e chiude il telefono in una valigia affinché lo squillo non dia fastidio. Audrey Hepburn entra sulla scena con una grazia dirompente, cambia la moda e seduce tutti. E il cambiamento non può che partire da New York, in quella Quinta strada scelta per la prima inquadratura del film, via maestra che separa il lato est da quello ovest della città, una città che si risveglia davanti a una vetrina che scintilla, promette e rassicura.

CASA DOLCE CASA

Holly Golightly:  Mi dispiace, ma ho perduto la chiave.
Mr. Yunioshi:
Lei perduta anche l’altro giorno, e lei continuare sempre suonare mio campanello! Lei disturbare, allora faccia fare ancora chiave!
Holly
Golightly: Non servirebbe a niente, le perdo tutte!

L’appartamento di Holly Golightly è in una costruzione multifamiliare su due piani al n. 169 della 59th East, angolo Lexington Avenue, in pieno Upper East Side, zona residenziale che si estende sino alla 96th street. L’edificio è stato completato nel 1910 e, è bene precisarlo, è stato utilizzato solo in esterno per le riprese del film, mentre gli interni sono stati realizzati negli studios hollywoodiani. Ma l’elegante porta verde e le scale in pietra rossa sono bastate a far entrare questa location nell’immaginario collettivo e ancora oggi l’indirizzo è meta dei turisti, non solo di quelli appassionati di cinema. All’inizio del 2012 la palazzina è stata acquistata dalla Costalea Holdings Limited che fa capo ad un misterioso investitore cipriota (?), per poco meno di sei milioni di dollari, dopo che il vecchio proprietario, Peter E. Bacanovic, broker della Merryll Linch, era finito in disgrazia per uno scandalo finanziario

SOTTO L’ARCO NEL PARCO

Doc Golightly: Non si chiama Holly, era Lula Mae Barnes… finché non mi ha sposato.

L’incontro tra Paul e l’ex marito di Holly avviene in Central Park. Siccome il parco ha una dimensione di 3 km quadrati e mezzo, vediamo di essere più precisi. Dopo una breve sequenza d’inseguimento nei pressi del laghetto artificiale del conservatorio, lo spazio d’acqua più famoso del parco che si estende tra la 72th  e 75th Street lato est, il regista fa recitare gli attori alcuni metri più in là, a sud della fontana di Bethesda tra la 66th e 72th Street, sotto la volta del teatro all’aperto noto come il Naumburg Bandshell, inaugurato nel 1862 come sede di concerti di musica classica per poi, col passare del tempo, divenire luogo di musica popolare dove si sono esibiti jazzisti come Duke Ellington e Benny Goodman. Oggi la struttura ha mantenuto la sua destinazione artistica con concerti e spettacoli teatrali, recuperando anche il repertorio classico delle origini a cura della Naumburg Orchestral Concerts che dal 1905 propone esibizioni gratuite nelle sere d’estate.

UN DRINK A NEW YORK

Holly Golightly: Beh, è troppo presto per andare da Tiffany, e allora non resta altro che bere qualcosa, è proprio quello che mi ci vuole…

L’ex marito di Holly fallisce nel suo tentativo di riportare la giovane moglie nella sua fattoria nel Texas e dopo l’addio Holly ha bisogno di conforto. E quale luogo migliore se non il Club 21, al n. 21 della 52nd Street, uno dei più antichi bar ristoranti di New York, dotato di una cantina “segreta” di oltre 55.000 bottiglie doc. Su quelle poltroncine di pelle rossa hanno sorseggiato un drink tutti i presidenti degli Stati Uniti (ad eccezione di George Bush senior),  hanno cenato, tanto per buttare là un paio di nomi, Humphrey Bogart e Marylin Monroe. In realtà, benché il locale sia esplicitamente citato nel romanzo, gli interni del club sono stati ricreati in uno studio hollywoodiano, ma ciò non toglie nulla al fascino di questa location, uno dei luoghi di culto di ogni New York addicted.

LIBRI E LIBERI A NEW YORK

Holly Golightly: E adesso dove mi hai portato?
Paul Varjack:
Alla biblioteca pubblica… non volevi riposarti? C’eri mai stata prima?
Holly
Golightly: No!

Holly fa vita notturna, passa da una festa all’altra e la città di giorno la conosce poco. Ci pensa Paul, l’innamorato Paul a portarla un po’ in giro, sugli affollati marciapiedi di New York. Così scopriamo che Holly, della città conosce solo le vetrine, ignora l’esistenza di luoghi storici come la monumentale Biblioteca Pubblica, la New York Public Library all’angolo tra la 42nd Street e la Fifth Avenue. L’edificio con i due leoni all’ingresso fu inaugurato nel 1911, ed è stato il set di decine di film (Ghostbusters, Sex and the City, The Day after Tomorrow…). In Colazione da Tiffany la scena si sviluppa principalmente nella sala dei cataloghi, senza disturbare troppo i lettori.

I LOVE NEW YORK

Holly Golightly: Io amo questa città.
Paul Varjak:
E perché la lasci allora? Per quanto, cosa ha saputo offrirti?

La caccia al miliardario della party girl Holly sembra conclusa. Il matrimonio con il facoltoso brasiliano José De Silva sta per infrangere il sogno del vero amore tra Paul e Holly. Il chiarimento tra i due avviene sul muretto della fontana alla base del Seagram Bulding, al n. 375 della Park Avenue all’incrocio con la 52nd Street lato est, in piena Midtown. Il palazzo, 156 metri per 38 piani, al tempo delle riprese era stato da completato da meno di due anni e con la sua estetica funzionale costituiva all’epoca uno degli esempi più moderni dell’interpretazione del grattacielo. Holly guarda quella nuova città intorno a sé, e sogna, meglio vaneggia, di tornare un giorno lì dal Brasile con i suoi nove figli. E’ chiaro che non andrà a finire così.

Tra le varie differenze con il libro, nel film si arriva ad un lieto fine inevitabilmente hollywoodiano, anche se non edulcorato e con un taglio per l’epoca coraggioso, originale. Merito del regista Blake Edwards e dello sceneggiatore George Axelrod che, a parte le centinaia di sigarette che hanno fatto fumare ai protagonisti, hanno compiuto un piccolo miracolo di mediazione tra la necessità del politicamente corretto imposta dall’America ancora bacchettona e una protagonista che, con le movenze di una ballerina mancata, ha portato sul set di New York il ritratto di una donna complessa, infantile e sofferta, ambigua e divertente, ma soprattutto seducente che, non a caso, ha fatto storia e non ha preso l’Oscar solo perché quell’anno sulla sua strada ha incontrato una ciociara con il volto di Sofia Loren.

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La sezione New York Movies è curata da Francesco Argento. Giornalista pubblicista, vive a Roma, si occupa di cinema, letteratura e fumetti, e dal 1995 al 2006 ha collaborato all’edizione italiana di Batman curando articoli e redazionali. È un appassionato studioso della città di New York, alla quale ha dedicato il blog Romanzi a New York.

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