Speciale remake – I cult della ri-fantascienza (parte 2)

I masterpiece dalla doppia, tripla e quadrupla vita: da Io sono leggenda a La guerra dei mondi

(segue da)

Pochi anni prima di 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra, nel 1968, Charlton Eston era stato protagonista di un altro masterpiece del genere fantascientifico. Il pianeta delle scimmie di Franklin J. Schaffner, basato sull’omonimo romanzo di Pierre Boulle. Nel film, l’attore è l’astronauta Taylor, che viene fatto prigioniero da un gruppo di scimmie evolute quando l’astronave sulla quale viaggiava precipita in un lago nel 3978. Diversamente, da quanto descritto nel libro, l’atterraggio avviene sulla Terra del futuro e non su un altro pianeta. Le scimmie hanno costruito una società evoluta, sottomettendo gli uomini (che non parlano) al livello di schiavi sui quali vengono compiuti esperimenti. (ATTENZIONE SPOILER) Solo alla fine del film, però, Taylor si renderà conto di aver viaggiato nel tempo e di trovarsi nel suo vecchio mondo, deducendo che l’umanità si è decimata a causa di una guerra nucleare, le cui radiazioni hanno reso le scimmie intelligenti. Per la frustrazione esclamerà una maledizione: «Sono a casa… sono a casa. L’astronave è ricaduta sulla Terra sconvolta dalle esplosioni atomiche. Voi Uomini, l’avete distrutta! Maledetti, maledetti per l’eternità! Tutti!» (FINE SPOILER). Merito del successo de Il pianeta delle scimmie fu anche il lavoro del truccatore John Chambers, che divenne un pioniere nel campo del make-up: le sue maschere, infatti, erano composte da materiali che permettevano una perfetta aderenza al viso dell’attore e lasciavano una certa libertà d’espressione, consentendo agli interpreti di personalizzare il proprio scimmiesco personaggio. Il film avrà quattro sequel (un prequel, Rise of the Apes, è in lavorazione) e il remake Planet of the Apes – Il pianeta delle scimmie, diretto da Tim Burton nel 2001, che fu demolito dalla critica. Nel rifacimento, ambientato nel meno lontano futuro del 2029, a viaggiare da protagonista è l’astronauta DavidsonMark Wahlberg, mentre a Eston viene riservato un cameo nel ruolo di un generale delle scimmie: in punto di morte ripeterà la frase finale del film originale, ribaltandone però il significato. Le maggiori critiche mosse contro Burton riguardarono il finale, ideato per dare spazio a un possibile sequel, che visto l’insuccesso non venne realizzato: Davidson riesce a ripartire ma finisce nuovamente in un mondo “non umano” e per la precisione a Washingoton, dove la celebre statua di Lincoln ha le fattezze di una scimmia. Anche questo remake, nonostante le critiche, ricevette apprezzamenti per il trucco, realizzato da Rick Baker (autore di altri celebri make-up come quelli di Un lupo mannaro americano a Londra, Il professore matto, X-Men: Conflitto finale, Wolfman) e considerato l’erede di Jack Pierce.

Il trailer de Il pianeta delle scimmie 1968:

Il trailer di Planet of the Apes – Il pianeta delle scimmie 2001:

Ad avere un nuovo capitolo – un prequel per la precisione -, invece, sarà un altro cult del genere sci-fi: La cosa, film di John Carpenter del 1982 con protagonista Kurt Russell. La pellicola, come pure quella firmata dal non accreditato ufficialmente Howard Hawks, La cosa da un altro mondo (1951) – realizzato in bianco e nero -, si basa sul racconto breve Chi va là? di John W. Campbell. Nonostante con il passare del tempo il film di Carpenter sia divenuto un vero e proprio cult, quando uscì al cinema venne schiacciato dalla critica. Parte dell’atteggiamento della stampa fu probabilmente dovuto al nuovo trend sugli “alieni-buoni” dettato dall’uscita di E.T.. In Italia la pellicola venne addirittura vietata ai minori di 18 anni a causa degli impressionanti e disgustosi effetti speciali, che tuttavia valsero fama internazionale al truccatore Rob Bottin (allievo di Rick Baker), che poi avrebbe lavorato in RoboCop, Atto di forza (vincendo l’Oscar) e Fight Club. Questi effetti, d’altra parte furono il valore aggiunto de La cosa, rispetto al film di Hawks, che d’altra parte viene omaggiato con la grafica del titolo che compare identico nei titoli di testa.

Ecco l’incipit de La cosa da un altro mondo 1951:

Ecco l’incipit de La cosa 1982:

(continua)

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