telegram

Chernobyl, l’orrore non è mai stato così angosciante. La recensione

Uno dei maggiori traumi del Novecento viene riportato in vita in maniera intensa, angosciante e rigorosa da una delle migliori miniserie dell'anno

Chernobyl, l’orrore non è mai stato così angosciante. La recensione

Uno dei maggiori traumi del Novecento viene riportato in vita in maniera intensa, angosciante e rigorosa da una delle migliori miniserie dell'anno

HBO

Nel aprile del 1986 la storia del Novecento cambia in maniera irrimediabile, così come la memoria storica del mondo intero, lasciando un trauma indelebile anche al passare delle generazioni, un incubo che riaffiora ogni volta che si parla energia nucleare. È di questo che parla Chernobyl, miniserie HBO finita da circa una settimana negli Stati Uniti e cominciata lunedì 10 in Italia su Sky Atlantic.

Il progetto di HBO è molto ambizioso, è stato promosso in maniera efficace sia negli Stati Uniti che a livello internazionale e vanta cast assolutamente eccezionale, tra cui svettano Jared Harris (già visto in Mad Men e nelle prime stagioni di The Crown e The Terror), Stellan Skarsgård (protagonista di River, presente su Netflix) ed Emily Watson (che sul piccolo schermo ha offerto ottime performance in serie come The Politician’s Husband e Apple Tree Yard). Il comparto attoriale si dimostra di altissimo livello anche nei ruoli minori, dove interpreti quasi sconosciuti offrono interpretazioni di grande intensità conferendo grande realismo alla serie.

Chernobyl comincia in medias res, dedicando l’intero primo episodio ai momenti dell’esplosione, lasciando per un attimo da parte quelli che nel corso degli episodi successivi saranno i protagonisti della serie per concentrarsi in maniera totale sulla rappresentazione della Storia (quella con la S maiuscola).
Si tratta di un pilot più lungo del normale, che riesce a trasmettere tutta l’incertezza di un momento assolutamente inaspettato, così come la paura degli scienziati che minuto dopo minuto si rendono conto dell’entità sempre più devastante della catastrofe in corso.

Gli episodi successivi si concentrano sui giorni che seguono l’esplosione del reattore della centrale nucleare che dà il titolo alla serie, andando a costruire una narrazione capace di ramificarsi in tante direzioni, mettendo in scena i punti di vista di personaggi appartenenti a tanti livelli della società.
Tutta la parte politica, ad esempio, è sviluppata benissimo, facendo emergere la paura di una metà del mondo che già all’epoca stava per arrendersi alla fine della Guerra Fredda. Non mancano anche le storie laterali, quelle dei vigili del fuoco e dei minatori che in maniera eroica tentano di salvare vite anche a costo di perdere o compromettere la propria.

La serie è caratterizzata da un comparto produttivo eccellente, in cui svettano le musiche dell’islandese Hildur Guðnadóttir che trasmettono una costante sensazione di tensione e la fotografia nebbiosa di Jakob Ihre. Il meglio però lo danno i due ruoli principali, ovvero quello della regia e della sceneggiatura.
Dietro la macchina da presa c’è Johan Renck, che dopo una prima parte di carriera passata ad alto livello nel mondo del videoclip conferisce uno stile inconfondibile alla serie. Lo script e l’idea, invece, sono di Craig Mazin, che dopo aver realizzato film comici di grande successo (tra cui diversi capitoli di Una notte da leoni e Scary Movie) passa al genere drammatico con eccellenti risultati.

Chernobyl in sole cinque settimane è già salita al vertice di quasi tutte le classifiche delle riviste specializzate americane e soprattutto è diventata la serie con il punteggio più alto mai raggiunto su IMDB, superando addirittura Breaking Bad. La serie è riuscita a toccare corde molto sensibili del pubblico soprattutto grazie alla capacità di resuscitare un orrore inestinguibile, ricordando al mondo i rischi delle radiazioni su esseri umani, animali e ambiente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA