The Haunting of Bly Manor – La recensione della seconda stagione dello show di Mike Flanagan

Un deciso passo indientro rispetto alla seconda stagione per una delle serie horror più interessanti degli ultimi anni

Lo scorso anno The Haunting of Hill House ha dimostrato che si può fare horror di qualità in televisione anche senza essere citazionisti e autoironici, mostrando un racconto cupo e inquietante che ha avuto così tanto successo da promuovere la miniserie a serie antologica, conferendole il rinnovo per la seconda stagione.

Questa volta il racconto è completamente differente, così come lo è la materia prima da cui la miniserie prende le mosse. Stiamo parlando di Il giro di vite di Henry James, su cui lo show di Flanagan costruisce una storia molto meno horror rispetto alla precedente.

Con alcuni degli stessi interpreti dell’anno scorso, la serie sposta il racconto da un genere all’altro e per rimanendo all’interno del perturbante stavolta si tratta più di una storia d’amore che dell’orrore, con Victoria Pedretti a riempire lo schermo con la sua eccezionale fotogenia.

La storia è quella di una governante che viene assunta per badare alla nipote del proprietario della magione. Improvvisamente però il racconto si trasforma in una storia di fantasmi, in cui le apparizioni si fanno metafora di traumi esistenziali e delle angosce della protagonista.

Il cast non è azzeccato in tutte le sue parti e nonostante una regia comunque decisamente buona a mancare stavolta è la sceneggiatura, priva di ritmo e di mordente, che non riesce a far appassionare se non negli episodi finali.

The Haunting of Bly Manor, purtroppo, non è all’altezza della stagione precedente, perché l’amalgama tra horror e romance funziona meno e soprattutto la narrazione procede in maniera particolarmente lenta e raffazzonata fino al climax, a cui si arriva senza ormai più alcun interesse.

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