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Damsel: si salvi chi può. La recensione del nuovo film Netflix con Millie Bobby Brown

La piattaforma ci riprova con il fantasy, ma anche questa volta non si finisce col vivere per sempre felice e contenti

Damsel: si salvi chi può. La recensione del nuovo film Netflix con Millie Bobby Brown

La piattaforma ci riprova con il fantasy, ma anche questa volta non si finisce col vivere per sempre felice e contenti

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È arrivato su Netflix il film Damsel, nuovo fantasy con protagonista Millie Bobby Brown (Eleven nella serie Stranger Things) nei panni di una principessa che si salva da sola dalle grinfie di una dragonessa sputafuoco alla quale è stata sacrificata dopo un matrimonio combinato con un principe di un altro regno. L’ennesimo tentativo della piattaforma di allargare la propria libreria di contenuti con un film di genere guidato da una grande star; ma ancora una volta il risultato è povero e sconfortante.  

Si reiterano infatti tutti i principali difetti delle produzioni Netflix, che sembra sempre più incapace di trovare una via di mezzo tra i b-movie di un tempo e i grandi film d’autore con i quali tenta di puntare ogni anno all’Oscar – quest’anno con Maestro, in quelli passati con Roma, The Irishman e Mank. Manca cioè un sostanziale equilibrio produttivo tra quelle opere che sembrano scritte con algoritmi e progetti con una vena artistica evidente.

Per curiosità e divertimento, prima di scrivere questa recensione abbiamo provato a usare ChatGPT e abbiamo chiesto all’intelligenza artificiale generativa di aiutarci a scrivere la trama di un film che volesse ribaltare i canoni classici del genere fantasy. Già dalla prima bozza, ha azzeccato 2-3 elementi che fanno parte di Damsel, come ad esempio la presenza di una matrigna non più cattiva ma benevola e soprattutto interessata al bene delle proprie figlie acquisite. Damsel, dall’inizio alla fine, sembra proprio questo: un’operazione studiata a tavolino e col bilancino, un ribaltamento di prospettiva che tuttavia di novità ha già ben poco. È un nuovo The Princess, senza però neppure l’ambizione di saccheggiare un film come The Raid per regalare un po’ di divertimento action al pubblico.

In Damsel, invece, tutto si esaurisce già dalla premessa: Elodie viene data in sposa ad un principe di un regno che sembra magnifico, ma si scopre che in realtà nel suo regno sacrificano le principesse al drago che vive nella montagna vicina e da lì è tutto nelle mani della giovane ragazza. Tocca a lei salvarsi da sola, dimostrare che non è più un Paese per vecchi stereotipi di genere e via dicendo. Tutto qui. Non c’è un guizzo in più nei risvolti di trama (ampiamente prevedibili) e per il resto Damsel si compone di improbabili fughe dalla creatura e di trovate che definire stupide non è un insulto ma una valutazione tecnica. La dragonessa è in grado di annusare la presenza di sangue reale non loro nelle principesse che vengono buttate nel pozzo (sorvoliamo…), ma se queste si nascondono dietro una roccia a cinque metri di distanza, improvvisamente diventa la più intricata mappa di Trova Wally immaginabile. È uno di molti esempi, ma giusto per citarne un altro: Elodie è bloccata in una grotta, come farà a fuggire? Grazie alla pratica e dettagliata mappa lasciata da una precedente principessa con una palese passione per l’urbanistica e la speleologia. Davvero?

Oltre alla palese artificiosità della trama e a soluzioni sceniche povere, per nulla aiutate da una scarsa CGI e una fotografia patinata, ad appesantire Damsel purtroppo ci pensa anche la stessa Millie Bobby Brown. È forse ora di ammettere che la star di Stranger Things (per ora) non è un’attrice che può reggere sulle sue spalle il peso di un film, specie in solitaria. Non è (ancora) in grado di dare alcun tipo di sfumatura ai suoi personaggi: che sia Enola Holmes o la principessa Elodie, per quanto lei stessa abbia detto di essersi sentita una Tom Cruise al femminile, quello che arriva è sempre Millie Bobby Brown in un vestito diverso; le sue espressioni di paura sono finte, e addirittura fastidioso è il modo in cui commenta tutto quanto per rompere il silenzio e guidare lo spettatore come fosse un bambino di quattro anni al quale dover costantemente dire tutto, ma proprio tutto.

Con Damsel, Netflix si gioca ancora una volta malissimo al carta del film di genere con una grande star alla guida. È successo di recente anche con l’heist movie con Kevin Hart, Lift, ma gli esempi si accumulano e la sensazione è che, più che la principessa, a dover essere tratto in salvo questa volta sia lo spettatore.

Foto: Netflix

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