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Ben Stiller è in crisi di mezza età: la recensione di Giovani si diventa

Da domani al cinema l'ultimo lavoro di Noah Baumbach (Frances Ha) con Ben Stiller, Naomi Watts, Adam Driver e Amanda Sayfried

Ben Stiller è in crisi di mezza età: la recensione di Giovani si diventa

Da domani al cinema l'ultimo lavoro di Noah Baumbach (Frances Ha) con Ben Stiller, Naomi Watts, Adam Driver e Amanda Sayfried

Se in Frances Ha l’obiettivo di Noah Baumbach raccontava di una generazione goffa e impacciata, che potrebbe avere tutto ma rimane impantanata nel tentativo di essere quello che sogna – senza però perderne in romanticismo e allegria – con Giovani si diventa (titolo italiano fuorviante, in inglese è While we are young) sembra voler pareggiare i conti e ribaltare i punti di vista.

Anche qui si parla di giovani, ma per contrasto rispetto alla generazione che li ha preceduti: quella dei quarantenni.
Josh e Cornelia Srebnick (Ben Stiller e Naomi Watts) sono una coppia benestante di New York. Lui regista di documentari, lei produttrice figlia d’arte, si trovano a dover fare i conti con il tempo che passa, gli amici assorbiti dalle nascite dei figli (loro di bambini non ne hanno) e l’inevitabile crisi di mezza età.
La loro vita sembra avere un’inaspettata svolta positiva quando conoscono i giovani Jamie e Darby (Adam Driver e Amanda Seyfried) una brillante coppia con la passione per il vintage, che vive alla giornata e fuori dai rigidi schemi imposti dalla maturità.
Questa ventata di novità è all’inizio ossigeno prezioso, ma finisce per diventare un travolgente tornado.
A risentire di più dell’“amicizia” sarà Josh, ben presto esautorato dal giovane Jamie, sua nemesi. Anche lui è un regista di documentari, ma a differenza del quarantenne non ha ceduto il passo alle difficoltà, alle paure e gli imprevisti della vita, è audace e strafottente.

Baumbach dirige e scrive (con un’attenzione maniacale ad ogni dettaglio) una commedia dal retrogusto amaro zeppa di citazioni, ambientata in una New York sognante (e sognata), accompagnata da una colonna sonora che rispolvera classici degli anni ’70.
Strizzando l’occhio a due generazioni e bacchettando ora l’una ora l’altra il regista non ci consegna un vero vincitore, ma è sicuramente più indulgente con il suo coetaneo (Baumbach è del 1969).
L’unica cosa che si può rimproverargli: siamo certi che per raggiungere la maturità, e la felicità, ci sia bisogno di un figlio?

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