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In cerca di empatia in questa fragile e maestosa esistenza: la recensione di Human

190 minuti tra volti e paesaggi: l'ultima opera di Yann Arthus-Bertrand è un simposio di suggestioni da cui farsi trascinare a cuore aperto

In cerca di empatia in questa fragile e maestosa esistenza: la recensione di Human

190 minuti tra volti e paesaggi: l'ultima opera di Yann Arthus-Bertrand è un simposio di suggestioni da cui farsi trascinare a cuore aperto

Una schiera di volti provenienti da ogni dove e colti in primo piano su sfondo nero. Guardano dritto all’obiettivo rompendo la distanza con lo spettatore, e immediatamente ci ricordiamo che non c’è nulla di più evocativo e potente dello sguardo umano, di un paio di occhi che paiono scrutarti l’anima, ipnotizzarti con toccante calore e magnetismo. Parlano degli argomenti più svariati, chiedendosi che cosa siano la felicità e l’amore, la tristezza e la guerra. Voci ed espressioni che si alternano, formando un simposio esistenziale, un videodiario collettivo carico di possibili riflessioni, spunti, umori agrodolci.

Dall’altra parte, a intervallare i blocchi d’interviste, delle panoramiche aeree che ci portano nei luoghi e nelle situazioni più diverse, tra sontuosi deserti e centri di aggregazione. Ma guai a scambiare queste immagini per un depliant turistico, giacché l’approccio del regista Yann Arthus-Bertrand è il medesimo di fotografi contemporanei come Edward Burtynsky o Paul van Schalkwyk: più che una descrizione dettagliata, l’autore si affida alla suggestiva astrazione. Le persone diventano puntini lontani, e i paesaggi, delle pennellate di colore e forme in perenne mutazione. Un’operazione estetica, questa, ulteriormente sottolineata dal ralenti, dalla musica enfatica e dalla nitidezza ormai irraggiungibile dei droni digitali.

Human cerca il suo equilibrio tra i due poli, e lo trova mediante la sintesi: da una parte, ci fa sentire le creature più infinitesimali del mondo, ma dall’altra, riesce a cogliere anche la nostra individualità, la nostra preziosa ricchezza come singoli. Una visione che è opera fluviale (190 minuti la versione cinematografica, 131 quella tagliata che verrà mandata nelle scuole) da cui farsi trascinare senza cinture di sicurezza, con le mani alzate in segno di resa, per noi che ce ne stiamo comodamente a scrivere sul pc mentre altre persone lottano quotidianamente per sopravvivere, per noi che ce ne stiamo qui a bere un caffellatte mentre altrove, in un punto imprecisato del pianeta, uno stormo di uccelli sta regalando l’incantevole spettacolo dell’esistere. Ma infine, credeteci quando vi diciamo che non c’è paesaggio maestoso che tenga davanti alla fragilità di una persona che piange commossa perché ha capito che cosa sia l’amore.

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